Immagina che la tua azienda, il partito politico che rappresenti, la scuola o l’istituzione che gestisci, o tu stesso, siate sotto attacco. Non da parte di una società rivale, un marchio noto, un rivale che conosci e sei in grado dunque di sfidare. No, l’attacco proviene da un oscuro sito web, da un blog poco conosciuto, da una pagina gestita da uno studentello in un liceo di quartiere. In un nulla la critica, fondata o meno, o perfino la calunnia che ti attacca, diventano virali, rilanciate dagli old media, giornali e tv, e la CNN, la Bbc e la Rai – per non esser scavalcate dai nuovi arrivati – le trasmettano in prima serata.

Un incubo? No, un’esperienza condivisa da molti marchi e da potenti gruppi politici. Studi pubblicati da riviste scientifiche, da Nature a PlosOne, riconoscono come il web sia poco abile nel distinguere tra fonti autorevoli e link dubbi. È difficile proporre, o difendere, il proprio punto di vista se sei catturato come Gulliver, legato a terra dai pur minuscoli Lillipuziani.

È fondamentale allora avere una propria strategia e un proprio piano di social media, elaborando una chiara visione preventiva, che anticipi, non segua le crisi. Molte aziende, non importa quanto grandi, spesso delegano tali compiti ai loro reparti tecnici, social media lab o a un paio di tecnici, presunti digitali. Errore fatale. Per essere forti online, con una identità chiara e un messaggio originale, devi avere intelligenza collettiva, non un gruppo di ragazzi cresciuti con i social media, che sfoggiano a lavoro jeans e infradito fra le giacche blu. Il capo azienda, l’amministratore delegato, i suoi collaboratori, conoscono le ambiguità, il potere e le astuzie del web? La società è d’accordo su una prospettiva comune, su come raggiungere i propri clienti, su come creare la propria community, come apparire friendly via Twitter, Facebook, Pinterest, Instagram?

L’attenzione non deve andare solo sulla tecnologia, pur restando sempre capaci di cavalcare la prossima l’onda social. L’attenzione deve restare, al 100%, sul vostro messaggio, la vostra squadra e leadership, dalla strategia al brand. Se leader, visione, prodotto e squadra non sono all’altezza, non aspettatevi che il migliore social media team abbia alcun effetto sulle prestazioni, neanche un piccolo effetto cosmetico. Eppure, anche un’azienda sana e innovativa, ignorerà i social media con rischio mortale. Chi è debole online, vede il nuovo arrivato più audace rodere le proprie radici, non importa quanto antiche, nobili e forti.

Anche il manager più esperto può sentirsi preoccupato per il potere del web di rendere deboli i forti e forti i deboli, ma prima di disperare è meglio condividere l’ottimismo di Papa Francesco che dice “il web è un dono di Dio”. Eppure, fidatevi, ci saranno giorni in cui, di fronte alle ultime analisi dati sulla conversazione social dei vostri prodotti, se siste un’azienda, o dichiarazioni politiche se siete un partito o un movimento, potreste essere tentati di dire “In realtà, il web è il dono del Diavolo”.

E allora? Allora non è il caso di disperare. Il web tende a espandere i messaggi chiari e a distorcere ulteriormente quelli confusi. Un buon skipper digitale naviga, traendo beneficio da contatti, connessioni e energie positive, evitando invece le acque tempestose delle campagne negative. Le migliori bussole e carte di navigazione sono i Big Data. Non credere agli eccessi, i Big Data non faranno impennare i profitti trimestrali e l’Ebitda, curando il raffreddore o mostrandovi il lavoro come mai prima. I Big Data mostrano “solamente” la complessità del nostro impegno. Collegamenti che non vedevamo prima, legami con mercati e consumatori mai considerati in precedenza, opportunità che eravamo troppo lenti a riconoscere, sono evidenziati dai nuovi dati. I Big Data sono pero spazzatura senza la nostra interpretazione originale. Leggendo gli stessi dati analisti diversi raggiungono conclusioni opposte perché la narrazione intrecciata dei metadati è il momento rivelatore della verità nel XXI secolo. I dati ci concedono una chance di complessità di cui i nostri antenati non godevano. Spetta a noi elaborare questa grande massa di informazioni per guidare il nostro modello di business, o manifesto politico, o profilo personale.

Ribaltando una battuta del grande fumettista americano Walt Kelly, possiamo davvero dire con il suo saggio opossum Pogo : “Abbiamo incontrato il web e siamo noi”.