C’è una mano italiana dietro la famosa Coppa del Mondo FIFA, il trofeo più ambito dalle nazionali, che dopo la finale viene alzato al cielo dai capitani delle squadre vittoriose.

La Coppa non resta mai alla squadra vincitrice dei Mondiali. Tradizionalmente la Coppa del Mondo veniva affidata alla Nazionale vittoriosa e conservata da questa fino al mondiale successivo, per poi passare alla nuova squadra campione, in cambio di una copia. Così fino al 2006, quando la Fifa decise di non far passare più l’originale di mano in mano, ma assegnare alla squadra vincitrice una copia meno preziosa.

Paura di furti, visto che l’originale è in oro 18 carati, pesa più di 6 kg e vale oltre 250.000 euro solo di materie prime? In realtà a spingere alla novità i danni subiti dal trofeo negli anni in cui è passato di squadra in squadra, tra baci, giri di pista trionfali, cene di gala, politici a carezzarla.

La gloriosa coppa dei primi mondiali, la Coppa Jules Rimet, è stata definitivamente assegnata nella finale di Città del Messico tra Brasile e Italia finita 4 a 1. Nel 1930, infatti, fu previsto per statuto che la coppa restasse alla squadra che vincesse per tre volte la competizione mondiale, e il Brasile aveva vinto nel 1958 e 1962, l'Italia nel 1934 e 1938. Jules Rimet aveva ideato i Mondiali di calcio.

Ai Mondiali 1974 la FIFA aveva bisogno dunque di una nuova coppa. L'opera venne commissionata a Silvio Gazzaniga, orafo e scultore milanese che ha nel suo curriculum la realizzazione di altri prestigiosi trofei calcistici come quelli assegnati per la Supercoppa Europea e per la UEFA Europa League.

Il disegno è semplice: due atleti stilizzati che con le braccia alzate reggono il mondo. Sulla base reca incise le date e i paesi che si sono aggiudicati il trofeo, con spazio per aggiungere le nuove squadre vincitrici fino all’edizione del 2038. Allora il trofeo chiuderà la sua storia e si realizzerà un’opera nuova.

E il trofeo antico? Della gloriosa Coppa Rimet dei primi decenni dei Mondiali cosa ne è stato? Di essa non c’è più traccia. Venne rubata nel 1983 in Brasile e probabilmente fusa dai ladri. Durante la guerra, il presidente della federazione italiana Barassi, perché non cadesse nelle mani dei tedeschi, la tolse dalla cassetta di sicurezza della banca in cui era custodita e la protesse, più semplicemente, in una scatola da scarpe.