Lo studio del detective Nero Wolfe era in una brownstone al 454 della Trentacinquesima Strada. Da lì il corpulento personaggio dello scrittore Rex Stout mandava il suo braccio destro Archie Goodwin per gli acquisti da Altman’s, signorile negozio degli aristocratici di Wall Street. Al Plaza, sulla V Avenue, aleggiava ancora il profumo dei party accaldati del cinico Tom Buchanan e del povero Nick Carraway nel Grande Gatsby. Di fronte al Plaza invece, i bambini, ignari dei demoni della ricchezza, del sesso e del potere, si avventuravano verso Fao Schwarz. Guardavano i leoni ruggire feroci, carezzavano il collo flessuoso di una giraffa lungo le scale, caricavano un fucile Winchester o un revolver Colt, schiudevano le porte di un incantato salone, lampadari di Murano al soffitto, poltrone Chesterfield all’angolo, armadi ricolmi di abiti da sera in seta.

L’asilo dei Peter Pan
Fao Schwarz era il negozio di giocattoli dove la realtà diventava fantastica e la fiaba vita quotidiana. Gli animali di stoffa imbottita potevano essere teneri orsetti da portare a nanna nelle notti buie, o orsi polari a grandezza naturale, le cui fauci spalancate sfioravano il tetto. I soldatini, prima in stagno, piombo infine di plastica Made in Hong Kong, marciavano impettiti, nella divisa rossa delle Guardie della Regina a cavallo sotto Buckingham Palace, o nel verde oliva dei marines, fissati lanciando una bomba a mano. Le bambole paciose degli anni Venti cedono riluttanti il posto a smagrite Barbie, minigonna rutilante, abbracciate al palestrato Big Jim.

Da Fao Schwarz nessuno superava mai i tredici anni, era un asilo infinito di Peter Pan, la cui sagoma verde irrideva dagli scaffali il corrucciato Capitan Uncino. Papà e mamma accompagnavano i bambini sotto Natale, o per un compleanno, e in pochi istanti tornavano alla loro infanzia, cow boy e indiani, case di bambole da festa di Cenerentola, impossibile resistere. Fao Schwarz non era un negozio di giocattoli, non si vedevano cartellini con il prezzo, i commessi erano camuffati da Coniglio di Alice nel Paese delle Meraviglie, Soldatino di Stagno, pilota di jet al comando dei modellini in balsa.

Era una macchina del tempo, il Giocattolaio Matto la governava dal 1862, quando un emigrante tedesco, Frederick August Otto Schwarz, aveva debuttato insieme ai fratelli al negozio di balocchi di Baltimore, Toy Bazaar. A New York gli Schwarz arrivano nel 1870, prima downtown, poi sulla V Avenue. Ancora oggi i tedeschi sono la minoranza europea più numerosa in America, ma allora, prima della guerra con Hitler, erano ovunque, nei chioschi con hamburger, würstel e crauti, in sfilate folcloristiche con pantaloni di cuoio e bande di ottoni, tra boccali di birra alsaziana. Era un mondo intero che si autocelebrava, panini di prosciutto Westphalia o Foresta Nera, pasticceria bavarese, orologi a cucu. Le biblioteche circolanti diffondevano le Fiabe dei Fratelli Grimm, i fratelli Schwarz diffondevano giocattoli da fiaba.

I teutonici nomi di battesimo del fondatore danno origine alla sigla Fao Schwarz che Woody Allen porta come cammeo sullo schermo e la magia si protrae anche quando la famiglia cede il marchio. Il mercato muta, nascono i videogiochi, diffondono personaggi dei cartoni animati riprodotti in Cina che durano solo una stagione, il gioco si trasforma in cianfrusaglia. Niente dura, il vintage roba passata, il consumo fast food senza memorie. Toy r Us, catena popolare di giocattoli, acquista Fao Schwarz, ora un affitto troppo alto scaccia dalla Quinta Avenue Fao Schwarz, che ha nel frattempo perduto la favolosa sala dei sogni, ridotto a vetrina modesta, con le passeggiate di disoccupati trasformati in Ussari con baffi a manubrio su portone di vetro.

Travolti dai videogiochi
I bambini caracollano oggi lungo Central Park, verso lo Zoo orfano del suo Orso Polare o la Giostra dei destrieri di gesso. Tengono gli occhi fissi sullo smartphone, giocano a calcio, cacciano alieni nello spazio, incastrano soluzioni di un qualche misterioso enigma dai tastini. Lo schermo multicolore ipnotizza i suoi Pinocchio con gli invisibili fili del Wi Fi, i piccoli annoiati non si accorgono di aver oltrepassato, il Regno dei Giocattoli Perduti. E quei Leoni di pezza, quei Winchester di legno, quelle bambole dagli occhi cerulei, son rapiti nel ricordo, troppi chip, troppa nostalgia.