Basta un colpo di fortuna per fare di un uomo mediocre un mito, oppure uno di sfortuna per gettare un grande uomo nell’infamia. Il nome di Moacir Barbosa Nascimento agli italiani dirà poco, ma in Brasile è diventato (suo malgrado, ovviamente) quasi sinonimo di perdente. Il tutto per un gol.

Portiere promettente, membro di una nazionale di calcio che veniva data largamente per favorita, Barbosa (1921-2000) divenne il capro espiatorio di una sconfitta che segnò la storia del Brasile anche oltre il calcio.

Ai mondiali del 1950, giocati in casa, il Brasile aveva infatti la vittoria in pugno. Sembrava cosa fatta: nel giorno della finale i giornali ne preannunciavano già il trionfo, le sfilate di tifosi per le strade erano iniziate dal giorno prima e anche il merchandising dell’epoca aveva giocato d’anticipo, diffondendo da subito prodotti inneggianti ai campioni del mondo brasiliani. Persino il generale Mendes de Morais aveva salutato la vittoria del Brasile in un infervorato discorso poco prima dell’incontro.

Il primo tempo della partita contro l’Uruguay non fu particolarmente entusiasmante. All’inizio del secondo tempo il gol del Brasile era stato visto come la consacrazione della vittoria, ma al 66’ una rete della squadra avversaria aveva portato il silenzio nel campo. Poco male, perché alla squadra carioca sarebbe bastato anche un pareggio per aggiudicarsi il titolo.

Al 79’ la svolta: i duecentomila tifosi presenti nello stadio videro l’uruguaiano Ghigghia calciare il pallone dritto in rete, senza che Barbosa riuscisse a pararlo. Per la squadra dell’Uruguay, che mirava a concludere la partita con una onorevole sconfitta, fu il gol della vittoria. Per Barbosa fu un indelebile marchio d’infamia e su di lui ricadde la condanna di tutti i brasiliani.

La sconfitta passò alla storia col nome di Maracanazo, dallo stadio in cui venne disputata la partita. Decine di suicidi, innumerevoli casi di depressione, gente finita sul lastrico per essersi scommessa tutto sulla vittoria brasiliana. E ancora: furono indetti tre giorni di lutto nazionale, per due anni la nazionale brasiliana non disputò alcuna partita, i colori della squadra da bianco e celeste mutarono in verde e oro.

La vita di Barbosa cambiò radicalmente e non si sarebbe più disfatto, per i restanti cinquanta anni della sua vita, dell’immagine di responsabile della disfatta. Disfatta non di una squadra di calcio, ma di una intera nazione.

Convinti ancora che siano gli italiani quelli più bravi a perdere le partite di calcio come fossero guerre?