Il leader indipendentista snobba gli inglesi citando Adam Smith: “Non vengano a insegnare a noi come funziona l’economia”

Non è facile arrivare sull’isola scozzese di Jura, un traghetto da Islay e un aereo da Glasgow, ed è per questo che nel 1948 lo scrittore George Orwell decise di isolarsi su questa terra battuta dal vento, dove il whisky si invecchia fino a 40 anni. Aveva in cuore il libro sul futuro peggiore orribile, «1984».  

 Rischiò invece di morire, nel gorgo possente che le correnti creano ogni giorno a Corryvreckan, al largo di Jura e Scarba. Il vortice strappò il motore della sua barca, fece naufragio e solo per miracolo fu sbattuto su uno scoglio e salvato da pescatori di passaggio. Annota nei «Diari» l’avventura in poche righe, senza capire che «1984» stava annegando con lui, con lo stesso disincanto con cui detta la frase «Il patriottismo e l’intelligenza dovrebbero finalmente accordarsi», che scozzesi ed inglesi dovrebbero mandare a memoria alla vigilia del voto per l’indipendenza della Scozia. 

 4,2 milioni di residenti decidono se spezzare l’unione che da 3 secoli e 7 anni li lega a Londra, i sondaggi dicono No a 52%, Si a 48, incerti 14%. Le scommesse Ladbrokes, vendute per strada da Alex Donohue, computer, giacca e cravatta, favoriscono il No 1/5 sul Si 7/2, ma un uomo se ne infischia delle cifre, certo della vittoria nazionalista. È Alexander Elliot Anderson Salmond, 59 anni, a 23 sposato con una donna di 46, «maoista scozzese» all’Università di St. Andrews, culla del golf. Perde la campagna elettorale tra gli studenti per 13 voti contro un conservatore snob, non se la perdonerà mai. I compagni marciano per il Vietnam, Alex milita nel Partito Nazionale Scozzese, persuaso che il divorzio Intelligenza-Patriottismo si riconcili all’ombra della bandiera scozzese, croce bianca di Sant’Andrea in campo azzurro. 

 Salmond ha chiuso la campagna a Perth e, comunque vada, la sua impresa è storica. Il mondo è ipnotizzato dalla Scozia, il premier spagnolo Rajoy intima che la nuova nazione non entrerà in Europa - teme la secessione basca e catalana -, Obama, Merkel, i cinesi e Putin non vogliono la vittoria del Sì, ma all’Università di Edimburgo gli attivisti teenager di Salmond, si vota anche a 16 anni, elencano fierissimi i paesi che li seguiranno nel «nazionalismo intelligente»: «Galles, Cornovaglia, Irlanda del Nord, Fiandre, Corsica, Québec, Tirolo, Veneto, Paesi Baschi, Catalogna, Kurdistan, Baviera…» e quando chiedo perché mai escludano la Sicilia dall’Onu delle secessioni accolgono anche l’Isola, felici. 

 Salmond aveva un padre stalinista, forse per questo ammira Putin, e un nonno che gli narra le imprese dei clan scozzesi contro il bieco oppressore inglese. Cresce nel borgo operaio di West Lothian, a Linlithgow, e ancora adesso ricorda che nei quartieri dei lavoratori come Calton, a Glasgow, l’età media dei maschi è di soli 59 anni, sotto ogni norma europea. In nome della Scozia libera Salmond contrasta le riforme di Lady Thatcher, poi, d’improvviso, si ritira dalla vita politica per un lustro sabbatico nel 2000. La sua carriera sembra conclusa, invece ritorna in scena nel 2005, con una nuova idea. 

 Il Nemico non è più l’Inglese Cattivo, oppressore dell’anima poetica scozzese - «Sono un testone romantico» ride Salmond -. Va in soffitta il rancore dei vecchi quadri come Jim Sillars, persuaso che «Il patriottismo degli scozzesi duri solo 90’, quanto una partita» e ansioso di infliggere a chi non voterà Si oggi un castigo da «Giorno del Giudizio». In esilio Salmond comprende che globalizzazione, paura di perdere il posto, scuola e medicina gratis che in Scozia sopravvivono a Thatcher, è mito più potente di clan e tartan. Chiama nella sua Commissione Fiscale il Premio Nobel no global Stiglitz e, sull’eredità della rivista «New Left Review» di Nairn e Anderson che leggeva a scuola, dice no al nucleare, alla guerra, alle multinazionali. L’Università di Glasgow nomina «Rettore» Snowden, l’ex agente americano che rivela lo scandalo Nsa, e i militanti locali di Wikileaks giurano «Daremo asilo politico a Snowden, lascerà Mosca, guiderà dalla Scozia la campagna contro il Grande Fratello Nsa». 

 La sterlina scozzese legata in libertà all’inglese, pace, ecologia, diritti sessuali, disarmo, Europa evitando i veto di Madrid e Londra, stampar moneta se serve alla spesa pubblica, senza sermoni barbosi di austerità. Se obiettate a Salmond che la finanza, l’economia, l’industria, i leader del mondo bocciano il suo Paese dei Buoni Sentimenti e della Spesa Facile, replica con uno slogan furbo «Detesto gli inglesi quando vogliono insegnare l’economia agli eredi di Adam Smith». «L’utopia morale e intellettuale che gli scozzesi, dall’Illuminismo alla Chiesa protestante, siano superiori agli inglesi è mito pervicace» osserva John Lloyd del «Financial Times», preoccupato. 

 E allora il mio ultimo pellegrinaggio prima del voto scozzese si ferma davanti alla tomba ingrigita di Adam Smith, autore del saggio «La ricchezza delle Nazioni» che ispira il secolo dello sviluppo e batte in preveggenza «Il Capitale» di Marx. Il cielo è fosco al Camposanto di Canongate Kirkyard, un corvo nero si posa rapido sulla lapide, qualcuno getta monetine souvenir, come fossimo alla Fontana di Trevi. Smith era scozzese sì, ma odiava confini, dazi, ideologie illusorie. Meglio lasciarlo nella sua quiete classica, la sua gloria non aiuterà i tassi di interesse e il debito pubblico di Edimburgo, né tratterrà in questo paese meraviglioso uno solo delle migliaia di posti di lavoro e dei capitali che emigreranno a Sud, sordi e indifferenti alla fiaba romantica di Salmond e dei suoi ragazzi. «La scienza - ammoniva l’uomo sepolto davanti a me - è grande antidoto al veleno dell’entusiasmo...».