L’INPS, attraverso l’Osservatorio sul precariato, ha pubblicato i dati sui rapporti di lavoro in Italia aggiornati al mese di ottobre 2016. Nel comunicato che accompagna l’uscita dei dati si evidenzia un saldo positivo tra assunzioni e cessazioni nei primi dieci mesi del 2016, con 497 mila nuovi posti di lavoro.

I report contengono però moltissime altre informazioni circa quello che è successo nel mercato del lavoro da gennaio ad ottobre. Dati sulla quantità di contratti avviati a tempo determinato e indeterminato, stagionali e in apprendistato, e ancora le cessazioni, le trasformazioni dei rapporti di lavoro e le classi di retribuzione. Gli aspetti da approfondire sarebbero moltissimi, ma è interessante puntare l’attenzione su una precisa tipologia che è spesso oggetto di discussioni e analisi: i contratti a tempo indeterminato.

Nei primi dieci mesi del 2016 ne sono stati attivati in Italia più di un milione. Una cifra considerevole, ma inferiore a quella registrata negli stessi mesi dello scorso anno, quando i contratti attivati in Italia furono 1.534.605. Il dato del 2016 è dunque del 32% inferiore rispetto al 2015.

Fin qui sembra tutto chiaro, ma cosa succede quando andiamo ad osservare questi fenomeni a livello territoriale? L’Umbria è la regione che più ha risentito della diminuzione, con il 42,8% di contratti a tempo determinato in meno rispetto all’anno precedente. La Sicilia invece presenta la minore variazione con un -26,4%.

Come mai questo scarto? Le variabili che possono spiegare questa situazione sono molte, ma la più incisiva è legata al ricorso agli sgravi contributivi. Previsti dalla legge di stabilità 190/2014, gli incentivi avevano portato nel 2015 ad un significativo aumento del numero dei contratti a tempo indeterminato con il 46,9% di contratti in più rispetto al 2014. Nel periodo tra gennaio e ottobre 2015, in particolare, si erano registrate in Italia 809.858 nuove assunzioni realizzate con la richiesta di sgravio contributivo.

Gli incentivi sono stati rinnovati anche per il 2016 con la legge 208/2015, ma i contratti con sgravio attivati in questo anno a livello nazionale risultano 323.364, dunque il 60,1% in meno rispetto allo scorso anno.

A livello territoriale, in questo caso, è possibile invece notare come la variazione percentuale delle assunzioni con incentivi dei primi dieci mesi del 2015 su quelli del 2016 sia stata maggiore al Nord rispetto al Sud, anche se in un contesto di generale calo. L’Umbria è la regione che presenta la maggiore variazione con il 67,9% di nuovi contratti in meno, seguita da Toscana con un -65,4% e da Lombardia e Friuli Venezia Giulia con -65%. Al Sud il ricorso agli incentivi è comunque in calo ma resiste un po’ di più, con la Sicilia che presenta la minore variazione con un -47,5%.

Non tutte le percentuali in negativo, però, vengono per nuocere. Nel periodo gennaio-ottobre del 2016, anche le cessazioni di rapporti di lavoro a tempo indeterminato hanno registrato numeri inferiori rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. A livello nazionale le cessazioni registrate nel 2016 sono state il 7,2% in meno, con delle forti differenze sul territorio, passando dal -0,1% del Veneto, dove le cessazioni sono state in linea con il dato del 2015, al Molise dove sono diminuite del 21%.

Gli sgravi contributivi, così come previsto dal precedente Governo, sono previsti anche per il 2017 ma solo per le regioni del Sud. Da quanto emerso dai dati, dunque, moltissime aziende vi hanno fatto ricorso durante il 2015, in meno durante il 2016. La questione del precariato è comunque ancora presente nel paese ed emerge con forza non solo dalle statistiche ufficiali ma anche attraverso i nuovi luoghi privilegiati di discussione: i  social network.

Per sondare quanto e come si discuta di lavoro e precariato su Twitter, ad esempio, sono state esaminate le conversazioni degli utenti intercorse tra il 21 ottobre e il 19 dicembre 2016.

Gli hashtag dei tweet analizzati sono eterogenei, ma oltre a quelli riguardanti discussioni generali (come #lavoro o #precariato) è possibile individuare alcune categorie. Innanzitutto gli hashtag riguardanti particolari ambiti di lavoro, come #pa e #lavoropubblico per la pubblica amministrazione, ma anche specifiche tipologie generalmente associate al precariato, come #callcenter, #partitaiva, #voucher. Altro gruppo di hashtag riguarda la politica. #renzi è uno degli hashtag più presenti nelle conversazioni sul tema lavoro e precariato. #bastaunsi e #iovotono, invece, testimoniano il collegamento fatto da molti utenti tra il Referedum costituzionale dello scorso 4 dicembre e la tematica in questione.

Anche i riferimenti alle principali riforme e a interventi governativi particolarmente discussi sono presenti nei vari tweet. #jobsact è ad esempio l’hashtag più diffuso dopo quelli generali, a conferma del dibattito mai sopito attorno alla riforma del lavoro varata dal Governo Renzi. In questo gruppo figurano anche #labuonascuola, la riforma della scuola che tanto ha fatto parlare di sé, e #politicheattive, con riferimento agli interventi a sostegno delle categorie deboli nel mercato del lavoro. Ultimo gruppo di discussioni è quello che raggruppa gli hashtag, per così dire, di protesta. #diritti, #eorailcontratto, #contrattosubito, sono utilizzati nei tweet riguardanti il rinnovo del contratto dei lavoratori metalmeccanici e del settore pubblico. Hashtag molto usati anche dagli account delle sigle sindacali che hanno portato avanti le trattative.

È possibile ricavare interessanti informazioni anche analizzando l’andamento nelle scorse settimane delle discussioni attorno a due aspetti legati al tema del lavoro: assunzioni e licenziamenti. Le discussioni sui social risentono sempre dei temi di attualità, e danno uno spaccato realistico di quali siano i più discussi tra gli utenti nelle proprie cerchie di contatti.

Tra le conversazioni analizzate tra l’11 novembre e il 19 dicembre che ruotano intorno al tema delle assunzioni, emergono sulle altre quelle legate al mondo della scuola e alle sue riforme. #idoneifantasma ad esempio è utilizzato da chi ha superato il concorso ma non ha ottenuto il ruolo, così anche #abilitatitfa, #tfaèconcorso e #doppiocanale, hashtag postati dagli utenti che spingono per il riconoscimento della possibilità di insegnare anche agli abilitati al Tirocinio Formativo Attivo. Nelle ultime settimane si registra invece una crescita nell’uso di #8000esiliatifaseb, utilizzato dai docenti che sono stati chiamati ad insegnare in luoghi lontani dalla regione d’origine.

Nelle conversazioni che vertono intorno alla parola chiave  ‘assunzioni’,  è in calo l’uso dell’hashtag #jobsact, in cui uso cresce significativamente nelle conversazioni riguardanti l’altro tema esaminato: i licenziamenti. Nella classifica degli hashtag utilizzati in relazione a questo tema, infatti, #jobsact ha conquistato nella settimana precedente al 19 dicembre la prima posizione, segno che nei tweet la questione dei licenziamenti è spesso messa in relazione con la riforma del lavoro varata dal governo Renzi.

Su questo fronte sono in aumento anche i riferimenti alla questione dei callcenter #almaviva, azienda che proprio in questi giorni è al centro di una vertenza che sta facendo molto discutere per la paventata perdita di posti di lavoro.

I social network si rivelano ancora una volta piazze digitali dove il malcontento o la passione politica, intesa in senso lato, si esprimono spesso su questioni che trovano in questo periodo meno spazio sui media tradizionali, come nel caso degli abilitati al TFA o in quello quello del pubblico impiego. Come già evidenziato in occasioni passate i social network sono spazi di discussione che rivelano percezioni particolari e connessioni tra diversi temi, fornendo una traccia per la descrizione di una percezione diffusa, sempre viva anche se nascosta nei meandri delle discussioni in rete.

Narrativa, elaborazioni bigdata e grafiche Catchy a cura di Lorenzo Coscarella e Nicola Piras, realizzate nell'ambito del progetto DEEP di Alkemy Lab, in collaborazione con Francesco Nespoli e Kode Solutions.