L’edizione del 1978 si svolse nell'Argentina della dittatura di Videla. A pochi passi dagli stadi la macchina repressiva del regime stava scrivendo una delle pagine più tristi della storia del paese.

Per le dittature del ‘900, le competizioni sportive sono state sempre ottime vetrine, occasioni da sfruttare per la ricerca del consenso. Il calcio non ha fatto eccezioni, e con esso i Mondiali. È quello che avvenne nell’Italia fascista al Mondiale del 1934 oppure, per ricordare una storia cronologicamente più vicina, nell’Argentina del 1978.

Il paese sudamericano era stato scelto come paese ospitante per la competizione di quell’anno, ma tra la scelta del paese e il fischio d’inizio della prima partita del Mondiale, la situazione politica in Argentina era cambiata rapidamente.

Nel 1978 erano al potere da due anni i militari guidati dal generale Videla, che con un colpo di stato avevano spodestato la moglie di Peron e instaurato un regime fortemente repressivo.

Se ne parla poco rispetto ai grandi totalitarismi, ma la dittatura di Videla può rientrare a pieno titolo tra le più sanguinarie che la storia del ‘900 abbia registrato. La dittatura dei generali puntava alla repressione inflessibile del dissenso, e a farne le spese non furono solamente i gruppi armati organizzati, ma anche migliaia di civili.

Mentre la gente nello stadio assisteva alle partite e le squadre si rincorrevano nel campo per il raggiungimento del titolo, a poca distanza la situazione era molto diversa. Prigioni sotterranee, torture, e soprattutto moltissime persone semplicemente “scomparse”, prelevate cioè con la forza ed eliminate senza pietà. Sono i “desaparecidos”, vittime di cui tutt’oggi non si conosce la sorte.

In molti paesi erano sorti cori di protesta, accompagnati dalla richiesta alle varie nazionali di calcio di boicottare l’evento sportivo. Nonostante le polemiche, però, le squadre parteciparono alla competizione e le proteste si sopirono quasi ovunque. Anche l’Italia, che nel 1978 stava vivendo anch’essa uno degli anni più difficili della sua storia contemporanea, volò in Argentina con la nazionale guidata da Bearzot, nome che si sarebbe reso celebre nell’edizione successiva.

Grazie alla repressione e alla propaganda attive nel corso della competizione, nulla trasparì e agli occhi del mondo l’Argentina apparve un paese normale. Col tempo però la verità è emersa, e con essa le tragiche storie di migliaia di argentini.

Si tratta di argomenti che fanno pensare. Forse perché il 1978 non è poi così lontano nel tempo, oppure perché il Mondiale 2014 si svolge in un altro paese sudamericano che, anche se non sotto dittatura, presenta delle carenze economiche e sociali che stanno suscitando un coro di proteste contro l’organizzazione di un evento così dispendioso.

Quel Mondiale lo vinse proprio l’Argentina. E quest’anno?