Nel 1984, quando a Silicon Valley Steve Jobs e il suo fido braccio destro Wozniak erano ancor giovani, un attivista visionario decise di organizzare in sindacato i lavoratori high tech. Non andò bene, la cultura della valle, frutteti e agrumi prima dei semiconduttori, era troppo individualista e legata al futuro per tornare al passato: quel vecchio leader si chiamava Cervantes, come don Chisciotte cavalcò invano contro i mulini a vento informatici.  

Ma la Storia ha un suo algoritmo formidabile, che neppure l’era digitale invalida e ora diritti, uguaglianza, libertà di parola contro la parità di genere dividono la Valley: un ingegnere di Google ha discusso con i colleghi - in un testo online ovviamente - dell’incapacità genetica delle donne di stare al passo degli uomini, nella scienza e nel management. Il dirigente, identificato poi in James Damore, critica Google per la perdita di tempo di cercare più donne tra sviluppatori e dirigenti, perché le donne sarebbero invece più adatte a ruoli «artistici e sociali». I lettori meno giovani ricorderanno quando nelle nostre scuole i maschietti erano «bravi in matematica», le ragazze in italiano, e questa cultura retrò continua a sorpresa a dominare, la rivoluzione 4.0 stravolge tutto, tranne il mito Maschio Calcolatore contro Femmina Esteta. L’ex ministro del Tesoro Lawrence Summers, nipote di due Nobel dell’economia, Samuelson e Modigliani, e a lungo in odore di premio, ha lasciato in disgrazia la presidenza dell’Università di Harvard perché persuaso che le donne non sarebbero portate alla matematica. 

Damore si difende dicendo di aver solo avviato un dibattito, per tenere la compagnia sulla frontiera dell’innovazione. Cita i dati che vedono sempre meno ragazze entrare nell’informatica, nell’era Big Data e Intelligenza Artificiale, il numero di studentesse iscritte a informatica scende, anziché salire. Nel 1984 erano il 38% del totale, trent’anni dopo sono il 17%. L’informatica crea lavoro a un ritmo tre volte superiore al resto dell’economia, ma nel 2025 solo un quarto degli addetti sarà donna. Oggi sono appena il 20%. La situazione è peggiore in Europa e Italia, dove «angeli custodi» come Paola Bonomo, ex Facebook, si battono per reclutare più ragazze nel digitale. 

Sundar Pichai, amministratore delegato Google, non ha avuto dubbi e ha licenziato in tronco Damore. In un comunicato soft - il motto di Google resta «Non far male» - Pichai sostiene che Damore ha sollevato spunti interessanti, in buona fede, ma al bivio tra Libertà di Parola e Paura della Discriminazione, Google opta per la parità e caccia l’ingegnere. Damore, piccato, minaccia azioni legali, gli avvocati si dividono, i dipendenti Google son legati al codice di valore sottoscritto all’assunzione secondo alcuni, secondo altri ogni cittadino è protetto dal Primo Emendamento sul diritto di parola. 

La polemica lascia subito le ovattate aule dei campus di Google, motore di ricerca a cui chiediamo tutto e che sa tutto di noi, per diventare battaglia del giorno nella guerra di culture che divide l’America da una generazione. Google prende campo con la parità prima del dibattito, accettando l’accusa di essere politicamente corretta, i critici denunciano la crescente ipocrisia di Silicon Valley: parla di ideali e poi si comporta col cinismo dei lupi di Wall Street. Dave McClue, fondatore del fondo di investimenti digitali 500 Startups, ha dovuto dare le dimissioni in luglio, accusato di «relazioni improprie con donne della comunità high tech». In giugno era toccato a Travis Kalanick, controverso dirigente di Uber, venire travolto da scandali per molestie sessuali. Quando però Ellen Pao, manager di un fondo di investimenti per le start up, aveva chiesto nel 2015 in tribunale risarcimenti per le discriminazioni subite, i giudici le avevano dato torto, gelando ogni protesta nella Valley. L’assenza di donne rende gli algoritmi che usiamo, redatti da maschi, parziali e settari, un algoritmo non è obiettivo come si crede, ma rispecchia sempre opinioni e pregiudizi del suo programmatore. 

Le aziende informatiche sono state alleate di Hillary Clinton contro Trump, e tra gli elettori del presidente fortissimo è l’astio contro il corsetto ideologico politicamente corretto. Pinchai ha preso campo, presto si vedrà contrastato in nome della libertà di pensiero. Insomma Silicon Valley non è poi diversa dal resto delle Valli di Lacrime dell’industria Usa. Dimenticato da tutti, il sindacalista Cervantes l’aveva capito, per primo da solo. 

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