«Obergefell versus Hodges», imparate il titolo di questa causa collettiva che la Corte Suprema affronterà da qua alla fine di giugno, perché parla di amore e politica, storia e diritto, famiglia e sessualità.
I nove giudici della Corte, quattro progressisti, quattro conservatori e l’indipendente e spesso decisivo per le maggioranze, Kennedy devono rispondere a due domande.

La prima: esiste un «diritto costituzionale» alle unioni gay? E, se sì, dunque le leggi statali che proibiscono, o non riconoscono le nozze omosessuali, vanno abrogate?
Il percorso della vicenda illustra come costume e giurisprudenza evolvano sempre insieme, gli stati federati che danno il via (nel caso delle unioni gay il Massachusetts una dozzina di anni fa), Washington che tutela le minoranze (i legali della Casa Bianca appoggiano alla Corte Suprema gli omosessuali), la Corte che osserva il mutare della scena sociale e delibera. La prima udienza è fantastica, con le storie commoventi della coppia gay che, pur di sposarsi prima che una malattia incurabile stronchi uno dei partner, provano a volare in uno dei 37 stati che permettono a tutti i fiori d’arancio, celebrano le nozze in aereo, solo per poi vedere il sogno sfumare tornati indietro. Il giudice Breyer, che è favorevole, provoca però il legale di parte Mary Bonauto: «E voi volete che nove giudici, non eletti da nessuno, cambino l’idea di matrimonio tra uomo e donna che vale da migliaia di anni?».

L’avvocato Bonauto sceglie una strada astuta, nessuno cambia l’istituto del matrimonio argomenta, chiediamo solo che anche ai cittadini non eterosessuali sia permesso di accedere al diritto riconosciuto ad altri, se no saranno cittadini di Serie B e la Corte non può permetterlo. I legali citano come precedente, forte non solo nel diritto, ma anche nella storia e nell’etica, il divieto di nozze tra bianchi e afroamericani, a lungo imperante negli stati del Sud. L’America ha superato quel tabù razzista nel XX secolo, ora deve avviarsi oltre il tabù nozze solo etero sostiene, per conto del presidente Obama, il Solicitor General Donald Verrilli (tra giudici e legali è fortissima la componente italo-americana in questo caso), citando proprio la sentenza della Corte Suprema nel 1967 che decreta incostituzionali i divieti statali alle nozze tra coniugi di diversa etnia. È l’amore, la decisione di vivere insieme e mettere la vita in comune, che accendono un matrimonio, non il sesso dei coniugi a essere dirimente.

Ma se è così, osserva il giudice conservatore Alito, cosa vieterà a due donne e due uomini, omosessuali o no che siano, di sposarsi in quattro? Potranno gli stati legittimare le nozze «poker»? Contro Alito interviene la giudice progressista Sotomayor che schiva il tranello osservando: se apriamo i matrimoni agli omosessuali, nulla cambia per gli eterosessuali e il loro desiderio di far figli. La famiglia tradizionale resterà, inutile erigere lo spaventapasseri dell’estinzione precoce dell’America conferma la giudice Ginsburg.

Il giudice Kennedy lascia tutti in bilico. Geloso custode del diritto alla privacy e della personalità giuridica del cittadino, da proteggere contro le eccessive intrusioni dello Stato, s’è già espresso a favore delle unioni gay, ma potrebbe ora esitare davanti al diritto degli stati, di cui, da federalista convinto, è pure campione. Potrebbe cioè optare per una scelta intermedia, si alle unioni gay, ma se gli stati le garantiscono. Contrario resterà il giurista principe degli Stati Uniti tradizionalisti, Nino Scalia, persuaso che la Costituzione «alla lettera» non garantisca il diritto di sposarsi ai gay. La legione degli avvocati ribatte: la Costituzione non garantisce neppure il diritto «alla sodomia», ma quando le leggi statali la proibivano espressamente la Corte le fece decadere in nome del diritto alla privacy «nell’intimità». Insomma due scuole, la Costituzione monumento da rispettare, contro la Costituzione come organismo vivente che evolve con l’America.

Un dibattito straordinario, che continuerà nella campagna elettorale 2016, i repubblicani sono divisi tra la base di destra delle primarie che non vuole sentirne di omosessuali e l’elettorato centrista, assai più tollerante. 61% dei cittadini è a favore alle nozze gay e tra i giovani il 70%. Un solitario contestatore ha interrotto l’udienza urlando «Nella Bibbia il matrimonio non c’è!» ed è stato allontanato, Neppure in tutte le parrocchie americane ormai gli danno ragione.