«In tutta Europa i giornali si sono stretti in solidarietà con Charlie Hebdo, nel pubblicare le vignette che avrebbero motivato la strage in redazione. Non così in America, terra della libertà di parola».  

La sconsolata ammissione dal blog Buzzmachine.com di Jeff Jarvis, docente all’Università Cuny. Le critiche di Jarvis sono riprese, con amara prosa giansenista, da Ross Douthat, il più profondo columnist del «New York Times» oggi. Mentre l’opinione pubblica dell’Europa continentale ha ben colto, con qualche eccezione, il senso della tragedia di Parigi – un attacco al nostro libero stile di vita -, tante prestigiose testate anglosassoni, Usa e Regno Unito, scivolano nella melassa perbenista del non voler offendere alcuna sensibilità, del bon ton politico, come se si trattasse di una blasfemia di troppo, di un sedere in eccesso, di volgarità antireligiosa e non di una mattanza che cancella i distinguo cicisbei. 

Jarvis se la prende con il «New York Times», che ha deciso – fin qui nulla di male, anzi - di non ripubblicare per intero le vignette del Charlie, ma ha poi, e qui il risultato è goffo, sbianchettato ogni foto, mettendo i mutandoni della preoccupazione moralistica sulla vicenda, costringendo i lettori a scorribande sul web per capire cosa davvero stesse accadendo. Douthat ricorda lo scomparso polemista Christopher Hitchens: è la difesa dell’eccesso, di quel che non condividiamo (e Christopher di eccessi, dal pamphlet contro Madre Teresa alla difesa di Bush figlio, se ne intendeva…) il confine della libertà e richiama tra le righe il suo giornale a meno timidezza e più coraggio. 

Stephen Pollard, direttore del giornale ebraico inglese Jewish Chronicle, sintetizza il tormento della vicenda in due tweet: «I miei principi di lavoro mi dicono di pubblicare i disegni…» «ma siamo seri, esporrei i colleghi di una testata ebraica ai killer islamisti…». La rete tv Cnn invece, con gli ordini di servizio interni ai cameramen, «Se riprendete le vignette nei cartelli dei dimostranti, sfocatele da lontano», non ha le contraddizioni di Pollard, manda solo in onda candeggina. I terroristi di Parigi hanno, con la loro strage, messo i media di tutto il mondo davanti alla realtà, massacrando le ipocrisie a colpi di AK 47. Il direttore di Al Jazeera, rete tv araba, ricorda in una serie di email melliflue alla redazione di stigmatizzare «comunque» Charlie Hebdo, finché i suoi giornalisti occidentali non reagiscono, lo mandano a quel paese e ne pubblicano i dispacci imbarazzanti. In America la lunga coda di paglia del politicamente corretto, (ieri il «New York Times» non ha ospitato neppure la foto vecchia di 60 anni di una statua di Maometto demolita dal Tribunale di Manhattan, temendo chissà quali obiezioni), di atenei dove l’Occidente è considerato ex cathedra «razzista e terrorista», fa perdere di vista la sfida morale di Parigi. È bene che uomini diversi come Jarvis e Douthat, o siti bizzarri come Buzzfeed, si siano ricordati, da soli, del Primo Emendamento alla Costituzione e delle libertà che fonda.