Un’Argentina calorosa come Papa Francesco ha provato invano a battere una Germania raziocinante come Papa Benedetto, in quella finale della Coppa del Mondo 2014 che il web, irriverente, consacrava Derby dei due Papi ed è stata invece Sabba di Demoni perché, alla fine il Diavolo ha messo davvero la coda contro gli uomini di Alejandro Sabella. Ogni squadra combatteva i suoi Diavoli, la Germania senza vittorie da Italia ‘90, l’Argentina da Messico ’86, due generazioni senza stelle.

Sulla panchina tedesca sedeva gradasso il Demonio del 7 a 1 contro il Brasile e il favore ubiquo della critica, ma Il Satana più insidioso era appollaiato sulle spalle del miglior giocatore in campo al fischio d’inizio, Lionel Messi, chiamato a provare finalmente di essere migliore della sua Nemesi, Diego Armando Maradona. E quando al 2’ del secondo tempo, con le squadra ferme a un appassionante 0 a 0, Lionel Messi se ne è andato verso il formidabile portiere Neuer è sembrato che il minuto atteso per 13 anni fosse arrivato per esorcizzare Diavolo Diego, Lionel si allungava la palla e fissava la porta aperta davanti a sé…

I Diavoli del Brasile, moltiplicati dal tifo locale in odio ai vicini argentini, frustravano la Germania logica di Joachim Löw, Howedes colpiva un palo, Ozil sprecava un’occasione e Neuer tirava un ginocchio in faccia a Higuain, che deve esser sembrato al giocatore del Napoli più granitico dello scoglio dov’è atterrato d’estate a Capri dopo un tuffo. Provava Higuain a riparare all’errore assurdo commesso nel primo tempo, quando lo sgorbio di Kroos sporcava gli schemi hegeliani di Löw e l’argentino poteva segnare, ma sprecava ancora.
La Germania si frustrava non trovando spazi, Mascherano arrivava in campo con 22 tackle vinti e 446 passaggi azzeccati, “Mandate Mascherano a trattare il default del nostro debito e ci porta anche il resto in moneta spiccia tanto è duro” scherzano i blog a Buenos Aires. Ma si frustrava anche Messi e quando, al 2’ del secondo tempo che rivedrà nella moviola del cuore per tutta la vita, doveva solo cacciarsi giù di dosso l’appiccicoso diavoletto di Diego Armando e segnare ha messo a lato, come un brocco attempato a fine carriera nello zero a zero di una giornata in serie B.

Nel primo tempo Lavezzi era stato il migliore in campo, poi era rimasto negli spogliatoi, per Aguero. La partita s’è inacidita, l’arbitro Rizzoli ammoniva sciorinando l’intero repertorio di gesti italiano, “CALMA CALMA!”, mani aperte verso il basso, “MA CHE FAI?”, dita unite mosse dall’alto in basso, addio Derby dei Papi, Tempi Supplementari del Demonio, un solo errore e lasciate ogni speranza, Girone Cartellino Rosso, Malebolge Rigori, Natural Burella Secondo Posto.

Ora contava solo mettere le mani sulla Coppa, sogno rinchiuso in una valigetta Louis Vuitton, scortata dal duro Pujol e la fascinosa modella Bundchen. Il portiere dell’Argentina Romero, nella vita professione panchinaro, faceva bene, la sua squadra si ingobbiva indietro, sperando nelle rincorse del Trenza Palacio, che non metteva dentro un pallonetto delizioso nel primo supplementare. La Germania ingolfava il diesel, tirava e non segnava Der Teufel! Al Maracana dei supplementari era Sabba e il peggior Diavolo, il più dispettoso, Calcabrina, Draghignazzo o Farfarello che fosse –invisibile a Rizzoli- teneva per la maglia Messi che non illuminava, si incupiva “le gambe gli pesano duecento chili dalla fatica” lamenta suo papà.
Gambe di cemento per tutti alla fine, buio a Rio, ma Schurrle trova la forza di rincorrere la palla lungo la fascia, una falcata in apnea dopo l’altra, come Boninsegna alla fine di Italia-Germania 1970 e fa partire il cross. E la palla del gol che doveva, poteva, era scritto dovesse essere di Messi finiva sui piedi di Mario Goetze, che incurante di ogni diavoleria, come si insegna nelle 320 scuole di calcio federali del suo paese a 19 milioni di ragazzi, stoppava e batteva Romero.

Applaudiva in tribuna la cancelliera Merkel, con lei la presidente brasiliana Rousseff e, algidi, il leader russo Putin e il fido ministro Lavrov. Nel frattempo, al confine Argentina-Brasile centinaia di tifosi continuavano a passar la dogana, guidando i loro macinini verso Rio per far festa domani a Copacabana. La radio e le tv portatili li han gelati, e forse han fatto inversione a U. La festa sarà il 15, Berlino, Porta di Brandeburgo, spread di birra alle stelle. “Messi non è un vero argentino” twittano subito i chierichetti di Diego Armando, c’è una punizione a tempo scaduto, tira Lionel, tribuna piena. La Germania è Campione, con pieno merito di gioco, grinta e condotta per la quarta volta, raggiunge l’Italia che non ha mai battuto ai Mondiali. Nel girone di Lucifero vola giù Lionel Messi, così è vita, così è il futebol, gioco infernale ragazzi. La Germania vince con il cuore la partita giocata con la testa.