L’ex presidente del Consiglio Silvio Berlusconi apre la campagna elettorale 2013 confermando di non voler ricandidarsi primo ministro, annunciando primarie nel Pdl – «aperte a tutti tranne che a me» -, attaccando fisco «poliziesco», magistratura «di sinistra».

E pur attento a non nominare il suo successore, Mario Monti avverte che «il governo dei tecnici porta a recessione», perché vassallo «della Germania egemone di Angela Merkel»: d’ora in avanti – conclude - il voto del centro destra non sarà più scontato.

A Villa Gernetto, sede dell’Università liberale dove Berlusconi s’è riservato un appartamento al piano nobile disegnato dall’architetto Simone Cantoni nel 1815, i giornalisti affluiscono da un cancello alto sulla valle del Lambro, 35 ettari di bosco, giardino all’italiana, prati, con la foschia che occulta i bassorilievi funerari di Antonio Canova e le statue del Fabris. Vetturette da golf trasportano i notabili per i viali, l’ex ministro Gelmini chiede passaggio a un cronista. Dal cancello centrale, mostrando la carta d’identità, passano invece, con l’abito della domenica, elettori, militanti, famigli. Occupano le file della sala stampa, broccati in rosso e giallo, una riproduzione della Scuola di Atene di Raffaello, si alzano quando il loro leader entra in aula, applaudono ritmici e danno alla conferenza stampa un tono deferente che sul web irrita, «i giornalisti applaudono?».
In prima fila il portavoce Paolo Bonaiuti apre e chiude le mani dettando a Berlusconi i tempi del discorso, accanto a lui sorridente Francesca Pascale, giovane consigliera Pdl a Napoli, poi l’ex ministro Romani in pullover, Daniela Santanchè, Vittoria Brambilla, più indietro Tiziana Maiolo. L’avvocato Ghedini siede in disparte, sotto le telecamere, con un foglio di appunti vergato a mano la cui prima riga recita «1) Corte Costituzionale…», le critiche alla sentenza di condanna a Berlusconi per frode fiscale.

La sala ricolma di sostenitori, l’immenso parco umido e silenzioso, danno all’intervento di Berlusconi malinconia, i giornalisti restano ai margini, quelli che lo detestano, quelli che simpatizzano o lavorano nel suo impero, i semplici cronisti stanchi di guerra. A twitter che lo prende in giro con l’hashtag, il tormentone, #ancoratu, Berlusconi non dà soddisfazione. E’ furente, sfoga frustrazione cocente. Ai siti web che, con eccessiva fretta annunciavano il “ritorno in campo”, infligge delusione: non si ricandida, elezioni primarie per il centro destra, niente «marcia indietro».

Nel silenzio rotto solo da un cellulare che ronza nel microfono, il fondatore di Forza Italia elenca a lungo i suoi “successi”, poi attacca la Germania di Angela Merkel. Per vendicarsi «con il passivo presidente francese Sarkozy» dei «veti» posti dall’Italia alle «politiche economiche restrittive», Merkel ha ordinato «alle banche tedesche di vendere titoli italiani», portando così alla crisi economica e al «governo dei tecnici». Sono i toni del populismo europeo, in Grecia e Spagna usati da sinistra e destra radicale, non dai conservatori di Samaras o dai popolari di Rajoy. Berlusconi, compagno di strada dei Popolari a Bruxelles, non intende invece più regalare ad altri, a Grillo per primo, l’antipatia per la pressione fiscale di Monti, i tagli alla spesa, il rigore di Merkel: annuncia no all’Imu, meno tasse, per proteggere i bilanci basterà ridurre «gli sprechi».

Con il «governo dei tecnici» Berlusconi è aspro, lo votiamo, scandisce mentre i suoi notabili annuiscono con entusiasmo proporzionale alla posizione nel Pdl, poco Bonaiuti, tantissimo la Santanché, solo per evitare la reazione dei mercati, ma lo «peseremo» d’ora in avanti con attenzione. Berlusconi ripete «governo dei tecnici», non nomina Monti, «avverte» senza strappi con il premier. Chiama Casini e Montezemolo tra i moderati di centro, ma addossa a «Casini, Fini e Follini» i fallimenti passati. Fisco, Equitalia e Guardia di Finanza, abbinati alla «magistratura di sinistra» e al Quirinale, il cui inquilino «negli operosi week end» boccia le leggi di riforma della destra, saranno i nemici in tv, «Torno a parlare, chiedo di essere invitato».

Davanti a sondaggi che danno a Grillo le percentuali del Pdl, 17%, con gli elettori siciliani incerti tra Musumeci a centro destra, Crocetta a centro sinistra e Grillo, Berlusconi ricorda che se si tratta di alzare i toni contro tasse, Europa, rigore, tecnici, bilanci, lui non resterà indietro. I dirigenti Pdl che non vogliono rompere con Monti, dal segretario Alfano che dovrebbe spuntarla alle primarie, all’ex ministro Frattini, gli uomini di Beppe Pisanu, faticheranno su questo spartito. Nessuno di loro è a villa Gernetto, come nessuno degli ex An, da La Russa a Gasparri, siede nelle poltroncine rosse da cinema di una volta. Alla fine i notabili presenti lo stringono affettuosi, l’ex premier ringrazia per «l’inaspettata presenza».

Occupando la fascia populista, Berlusconi affronta corpo a corpo Beppe Grillo e lascia il centro e la sinistra davanti a una prateria di consensi e a un dilemma, affollarsi contro riforme, rigore e sviluppo o proporre agli elettori responsabilità? Quanto a Monti, Berlusconi non l’ha investito in prima persona, vuol mantenere almeno un buon livello diplomatico. Tocca adesso al presidente del Consiglio decidere se navigare sotto costa o chiamare la maggioranza a una verifica, senza farsi logorare. Vedremo. Ieri a Villa Gernetto era autunno, ma il conto alla rovescia verso primavera correva rapido tra gli alberi scuri.