È percepibile, girando per l’Italia o seguendo i dati online, un cambiamento di umore sull’emigrazione. Accanto alla schiuma razzista ignobile, che fa dei migranti perfino gli untori delle epidemie, emerge un sentimento diverso.  

Un sentimento che non alligna tra bulli, violenti, mestatori di professione, ma si diffonde tra lavoratori, nel ceto medio, nelle metropoli. Fa capolino da una battuta, un tweet, i commenti al post Facebook di una mamma «Facevo jogging e un tipo di colore mi ha gridato “Puttana!”, non m’era mai capitato». Lo stupro di Rimini ha sconvolto tanti, pur persuasi che emigrazione e diritti restino patrimonio del tempo. 

Questo giornale, liberal-democratico, non ha dubbi nel credere, con generosità, a una società aperta, io stesso ho scritto su queste pagine a favore dello Ius soli. Ma sarebbe stolto non vedere come, nell’opinione pubblica europea e italiana, tra conservatori e progressisti, cresca la fatica mentale sul futuro delle nostre società. È stato un errore lasciar dilagare zone franche, preda di gang criminali, come sulle spiagge romagnole. Ogni stupro è, in sé, orribile, ma le cifre 2017 delle violenze contro le donne, 1534 commesse da italiani, 904 da stranieri, conducono molti - purtroppo, se volete, ma è così - a esclamare «Son troppi, in percentuale tantissimi!». 

Non c’è nulla quanto la criminalità, violenta o spicciola, tra gli stranieri per seminare razzismo, il primo ad ammonirci in tal senso fu un insigne sociologo di sinistra, Marzio Barbagli. Dare dello «sbirro» al ministro dell’Interno Minniti - che pure viene dalle fila del vecchio Pci - regala una manciata di click online, ma non risolve l’enigma. L’emigrazione deve poter continuare, in Europa e in Italia, e continuerà (la Corte di Giustizia Ue ha dato proprio ieri ragione all’Italia contro Ungheria e Polonia che non vogliono accettare profughi, malgrado gli accordi), ma per evitare che scoppi una brutale guerra di identità serve ascoltare l’intera comunità italiana, con rispetto. Al forum Ambrosetti di Cernobbio si sono discusse le stime future della popolazione, essenza del dilemma: oggi vivono in Europa 456 milioni di esseri umani, contro 540 in Africa; nel 2050 saremo 374 milioni contro un miliardo e 325 milioni; nel 2100 in Europa 327 milioni, in Africa 2 miliardi e 532 milioni. 

L’idiozia impotente dei razzisti, «Fermiamo negri e musulmani», è smentita da queste spietate cifre, la sola Nigeria, fra 30 anni, supererà in popolazione l’intera Unione Europea. Chi saremo allora noi, con quale religione, con che identità, che sarà delle nostre tradizioni e culture? «Mai l’Europa s’è spopolata con tanta rapidità, dai tempi della Peste Nera nel 1300» lamenta lo storico scozzese Niall Ferguson. Ridurre ogni angoscia davanti alla biblica migrazione in corso a «razzismo», rinforza gli estremisti di destra. Dobbiamo meditare piuttosto sulla nostra scelta di non far bambini e accogliere quindi i profughi secondo il diritto internazionale, ma calcolando con saggia compassione i flussi gestibili, senza scatenare caos e odio. 

Papa Francesco ha il dovere di ricordarci il comandamento «Amatevi come fratelli», la politica laica ha il dovere di condurre il Paese, senza strappi, al futuro multiculturale e multirazziale. In agosto sono sbarcati in Italia 3813 migranti, appena un quinto della cifra dell’agosto 2016, grazie alle scelte del premier Gentiloni e agli accordi con la Libia. I campi in cui finiscono i profughi sono lager orribili, vero, Onu ed Ue devono, subito, mutarne la natura feroce. La tregua negli sbarchi - che giusto di tregua si tratta - ci concede il tempo, nella difficile vigilia elettorale 2018, di riflettere, con umiltà, sul da farsi. Ridurre ogni dubbio sul cambio di identità europeo a «razzismo», moltiplicherà i razzisti. Integrare il numero ragionevole di nuovi cittadini che l’Italia può permettersi è la strada, stretta e giusta, da prendere, in ordine e solidarietà.