Gli attentati di Londra a London Bridge con 7 morti e oltre 50 feriti non hanno nulla a che fare, naturalmente, con la strage mancata a Torino, migliaia di feriti (la maggioranza leggeri curati in casa o farmacia dunque non contati) a piazza San Carlo durante la sconfitta della Juve contro il Real. 

Ma i social media, la nostra realtà nel XXI secolo piaccia o no, ce li mettono davanti allo stesso momento, il nostro cuore è uno solo a reagire, e dunque i due episodi si sovrappongono nelle emozioni, se non nella ragione. Qui cerco di capire a che punto siamo nelle due vicende, diverse e lontane, ma che insieme ci hanno affranto ieri. 

A Londra l’attacco segue quello di poche settimane fa nella capitale e di pochi giorni or sono a Manchester. Il terrorismo jihadista islamista nato in casa sarà durissimo da sgominare e accompagnerà, temo, la nostra vita quotidiana a lungo. Non ci sono ricette facili, quella è robetta da demagoghi in politica o dilettanti sul web. Non ci sono “bandi” contro gli emigranti, linea dura in piazza e neppure illusioni solidariste, abbracciamoci tutti intorno a un falò e passa la paura. C’è una guerra, dolorosa, che le democrazie devono combattere senza perdere i propri valori, ma ogni giorno facendo i conti sull’equazione tra sicurezza e diritti. La premier May ha ragione a chiedere alle aziende hight tech e dei social media di dare una mano a controllare il web dove gli islamisti reclutano adepti all’ombra dai controlli. Non basta, certo, ma è ora di capire come il web, quella infrastruttura strategica per l’insorgenza islamista, può essere meglio pattugliato. Chi si ostina a parlare di privacy, scambiando il Grande Fratello di Orwell con un normale controllo contro stragi dove cadono innocenti, è un pivello inane o nasconde qualcosa di brutto. 

La strage di Londra non dovrebbe impattare troppo sulle elezioni prossime. Il laburista Corbyn ha rimontato tra un elettorato deluso dal dopo Brexit e la sua campagna all’antica, socialista tutto d’un pezzo, sembra piacere ai giovani. May ha perso qualche passo, l’alternativa tra i due premier possibili è grama assai, ma gli elettori vogliono messaggi semplici, Brexit e via, socialismo e via, e ogni complessità li stucca. Vediamo che maggioranza ci sarà: chiunque vada a Downing Street dovrà fare i conti con il terrorismo. E Brexit o non Brexit l’Europa non dovrà lasciare Londra da sola, visto che Trump twitta contro il sindaco della capitale inglese, il musulmano Sadiq Khan, senza troppo costrutto direi. I jihadisti islamisti sanno che l’occidente è diviso e intendono infiltrarsi nelle nostre fratture.  

A Torino migliaia di tifosi, da tutta Italia, s’erano raccolti nella centrale piazza San Carlo per festeggiare, dopo tante delusioni in Europa, la Champions della Juve. In campo non è andata bene ma in piazza s’è sfiorata la tragedia. La polizia sta ancora accertando la scintilla che ha innescato la folle carica, petardi di un dissennato, il crollo di una ringhiera, ma le testimonianze che ho raccolto in diretta, i racconti che ho ricostruito e la web cam della Gazzetta non lasciano dubbi. Troppe persone, troppo alcol, troppe bottiglie, nessun servizio d’ordine (zero controlli all’ingresso a proposito di terrorismo...), cocci ovunque. È bastato un momento di panico, perché le persone, molti alticci alcuni ubriachi, si travolgessero terrorizzate a vicenda. Chi cadeva veniva calpestato senza pietà, i cocci di vetro ferivano, si veniva urtati in ogni direzione. Una testimone mi racconta: «Son caduta subito. Mi hanno travolto e mi sono passati sulla schiena in tanti urlando. Pensavo di morire. Mi son ferita a un braccio su un pezzo di bottiglia, grondavo sangue, ho perso gli occhiali. Sono entrata in un atrio per telefonare poi la calca mi ha scacciata ed è partita la seconda carica, non sapevo cosa fare. I jeans erano insanguinati, pensavo di avere un’altra ferita e in effetti aveva le gambe graffiate. Mi son medicata in farmacia, quindi non risulto tra i 2000 feriti, ma nessuno -credimi- è uscito illeso da quella piazza. Quando mi son cambiata ho scoperto che il sangue non era mio. Qualcuno di quelli che mi stavano addosso doveva essere un ferito grave. Ho contusioni ovunque e dolori alle spalle e all’addome. Ero andata per tifare Juventus con la maglia, ho visto l’orrore e la morte che mai più dimenticherò». 

 

Poiché siamo in Italia è subito partita la polemica (gli inglesi davanti ai morti hanno un aplomb di cui la nostra cultura è, da sempre, incapace). Un parlamentare grillino parla di cifre farlocche per dare addosso alla sindaca 5 Stelle Appendino. Le cifre cui accennava il deputato di Grillo erano infatti false, 200 feriti, saranno invece più di dieci volte tanti. E altre voci si sono levate, altrettanto stridule e demagogiche, a chiedere le dimissioni della sindaco, in trasferta con la Juve a Cardiff. 

Con ordine possiamo dire che la sindaco ha fatto bene a seguire la squadra, è tifosa ed era una festa della città. Chiederne le dimissioni è inutile e demagogico. Ma che le condizioni in piazza fossero assurde, e che un vero attentato avrebbe fatto centinaia di morti mentre il panico ha, per fortuna!, fatto solo migliaia di feriti, alcuni gravi, è evidente. Serve accertare chi ha organizzato in quelle esplosive condizioni la serata, stabilire eventuali responsabilità penali o amministrative, ma soprattutto -in tutte le città- capire che non siamo purtroppo ai bonari giardinetti pubblici di un tempo, viviamo stagioni terribili. Alcol e raduni di massa sono da evitare, i controlli sulle folle devono essere minuziosi, sempre, ogni assembramento deve avere vie di fuga e servizio d’ordine serio. 

 Serietà. Ecco una parola che gli inglesi conoscono bene piangendo i loro morti e che purtroppo non riconosco da noi, che ci rallegriamo solo dei feriti, pregando per i gravi e per quel bambino che lotta tra la vita e la morte, in una serata che doveva essere di gioia.