Si è votato per eleggere i membri del Congresso, organo legislativo statunitense. Oltre al suo valore intrinseco, il voto di midterm assume un forte carattere di giudizio sull’operato del Presidente che sembra sempre meno amato dal popolo a stelle e strisce. I risultati usciti questa notte hanno dimostrato tale svolta: dopo otto anni, i repubblicani hanno ottenuto la maggioranza all'intero Congresso, strappando il Senato ai democratici: un colpo bassissimo per il Presidente Obama. 

Prima di arrivare a questo delicato contesto, i democratici hanno fatto di tutto per riconquistare le parti dell’elettorato più indecise. Giovani in primis. Il tema che sembrava potesse giocare a loro favore era la questione-marijuana: in Alaska, infatti, si è deciso con un referendum di legalizzarne il consumo a uso “ricreativo” (e non solo terapeutico). L’Alaska è così il terzo stato americano (dopo Colorado e Washington) a riconoscerne l’utilizzo, insieme a Washington Dc e Oregon.

Alcuni democratici pensavano di aver trovato la giusta strategia, spingendo in questo modo a votare anche i più giovani, solitamente poco abituati a dire la propria nella competizione elettorale. In effetti, la battaglia pro-marijuana sembrava potesse essere un punto a favore dei candidati democratici. Ma non è stato così. Alcuni dati emersi qualche settimana fa su FiveThirtyEight hanno riportato un dato di fatto: nelle ultime elezioni in cui si è discusso di questo tema (Colorado e Washington), la percentuale di young voters è rimasta comunque bassa. In particolare, si è registrato un aumento (in media) dello 0,1% della partecipazione dei giovani dai 18 ai 29 anni. 

Anche il sindaco di Roma, Ignazio Marino, ha recentemente affermato di essere «favorevole alla cannabis per uso medico o personale», auspicando che si possa aprire «un dibattito per arrivare a una riforma delle leggi». Ma basta questo per far tornare nei giovani l’interesse (e, di conseguenza, l'amore) per la politica?