Nell’era dei media è arduo per uno scrittore diventare popolare senza assumere una «persona», una maschera tragica, comica, esistenziale, sexy, che lo rappresenti come i personaggi nella commedia dell’arte. Il macho dei safari Hemingway, l’angosciato Beckett, il beat Kerouac, l’ebbro Bukowski, Salinger e Pynchon eremiti come la Ferrante, che però ora da fantasma elegante che aborre la mondanità si mette a caccia di voti ai premi letterari, tra gossip e riflettori. C’è Rushdie perseguitato ...

Continua la lettura su La Stampa