Il Brasile ha vinto 5 Coppe del Mondo e nessun Premio Nobel (ignorate Wikipedia, il biologo Medawar era inglesissimo, per caso nato vicino Rio), la Germania 3 Coppe e 101 Nobel. La Germania divide il XX secolo in Guerre mondiali, il Brasile in Finali, una perduta nel 1950 in casa con l’Uruguay, le altre vinte tra il 1958 e il 2002. La Germania della cancelliera Angela Merkel ha 81 milioni di abitanti, quanto il Brasile della presidente Dilma Rousseff ne aveva nel 1970, quando Pelè stacca di testa sul nostro Burgnich e la Coppa Rimet rimane a Rio. Oggi i brasiliani sono 201 milioni, metà bianchi, metà mulatti e neri, ci volle però mezzo secolo perché tornasse un portiere non bianco tra i pali, Dida, dopo l’esilio comminato al povero Barbosa nel ‘50. In Germania, società omogenea, oltre il 99% di bianchi, la nazionale è simbolo di integrazione, Mesut Özil ha origini turche, Sami Khedira genitori tunisini. La signora Merkel si fa fotografare negli spogliatoi con Özil, il giocatore a torso nudo, e solleva le ire di Theo Zwanziger, presidente della poderosa Federazione DFB (7 milioni di iscritti, la maggiore al mondo) «La politica non ci strumentalizzi!». 

 Ovunque, ma soprattutto in Brasile, il calcio fonde etnie e politica, la squadra del Grêmio di Porto Alegre nasce «club dei tedeschi», il Palestra Italia di San Paolo dei nostri connazionali, nel 1942, per la guerra, ribattezzato Palmeiras. La semifinale Brasile-Germania avrà tanti tackle in campo quanti dribbling politici, «i brasiliani parlano di jogo bonito –dice il viceallenatore tedesco Flick - però picchiano duro come lottatori». Merkel fa di Özil l’icona della Germania potente e integrata, Dilma Rousseff scrive a Neymar dopo l’infortunio e gli addetti stampa scelgono il tono da melassa dei dolcini al cioccolato Pao de mel brigadeiro: «Caro Neymar ha spezzato il cuore a me e a ogni brasiliano vederti il dolore in volto, ma ho visto anche la forza immensa del grande guerriero, che non fa mai un passo indietro, neppure ferito…». 

 Nel 1950 il governo brasiliano fa leggere i discorsi di vittoria prima della partita decisiva con l’Uruguay e non porta bene, i presidenti Vargas e Kubitscheck creano stadi e rivoluzionano gli allenamenti per vincere nel 1958. Nel 1970 i militari esaltano la vittoria contro l’Italia facendola paragonare al quotidiano Jornal do Brasil allo sbarco sulla Luna «Trionfo dell’umanità». Analogo valore simbolico, per i tedeschi, ha la prima Coppa 1954, ritorno a pace e libertà. Oggi la Merkel batte Obama nel sondaggio «Quale paese vi è più simpatico?», il Brasile si sente superpotenza, e le due leader (anche la terza semifinalista, Argentina, ha una presidente, la Kirchner divisa tra finale e il default economico, l’Olanda si accontenta di Re e premier maschi) sono unite dall’odio contro lo spionaggio Usa. 

 Entrambe sognano il dividendo politico della vittoria Mondiale. La Rousseff, felice che tutto stia andando bene senza proteste, annuncia «Consegnerò io stessa la Coppa al Maracana», i sondaggi la incoraggiano per le presidenziali d’autunno, il governo guadagna 4% nei consensi e va al 44%, rielezione senza calci di rigore: «Fischi contro Dilma? Sono i ricchi allo stadio, noi lavoriamo per i lavoratori» si gloriano i suoi collaboratori. Per la Merkel, la prima vittoria della Germania unita, nel 1990 la riunificazione Est-Ovest era ancora aperta, sarebbe la consacrazione di una Berlino potenza globale del XXI secolo, più simpatica dell’America, più ricca in Europa, sola a vincere in America Latina la Coppa. 

 Il calcio finisce dunque ostaggio delle Gladiatrici Dilma&Angela. Alla loro ombra Scolari, senza Neymar e Thiago Silva squalificato, pensa a Bernard, pupillo di casa nato a Belo Horizonte, o a Willian, si scaldano Dante e Ramires (magari dopo il vantaggio Selecão), i panchinari segnano in allenamento, smaniosi di maglia. Capitano il formidabile David Luiz. Pretattica tedesca di Löw, 22 disponibili con Mustafi rotto, Lahm a destra, Klose in forse avanti, tra Schürrle e Götze. Ultimo allenamento allo Stadio Mineirão alle 18,30 locali, poi la partita, tutto per calciatori e tifosi, formalità indisponente prima delle dichiarazioni e i sondaggi per le Super Leader.