Sarebbe bello che alla solenne cerimonia di apertura dei Giochi Olimpici 2012 qualcuno si ricordasse di Stamata Revithi.
Ai tempi della prima Olimpiade moderna Stamata voleva competere con gli uomini, in una specialità in cui le donne sarebbero state ammesse solo un secolo più tardi, nel 1984, la Maratona. Allora, il 10 aprile del 1896 le dissero di no e lei, una mamma povera del PireoadAtene,decisedicorreredasola,il giorno dopo, nel percorso classico da Maratona ad Atene. Ce la fece in 5 ore e 30’, tempo non ufficiale, record di caparbietà. Il barone de Coubertin, patrono dello spirito olimpico, giudicava “lo sport femminile poco pratico, noioso, antiestetico, scorretto…”.

I Giochi d iLondra saranno Giochi delle donne, per la prima volta nella storia nessuna squadra nazionale scende in lizza composta da soli uomini. Nel 1996 erano 26 i paesi senza atlete, nel 2008 a Pechino tre, Brunei, Qatar e Arabia Saudita. Se non credete che la storia avanzi,guardando la festa diretta dal regista premio Oscar per The Millionaire Danny Boyle, osservate la bandiera del Brunei retta dall’ostacolista Mahusin, prima donna con altri due compagni. E non mancate il vessillo del Qatar, portato nello Stadio Olimpico dalla tiratrice Al Hamad. Restava solo l’Arabia Saudita e intorno al principe ereditario Nayef c’è stata battaglia tra consiglieri conservatori e riformisti. Non si tratta di sport. E’ in corso la guerra civileinSiria–“ioparlosolodisport,sevolete vi giro i numeri di telefono dei politici siriani” dice duro Roger Dahi, allenatore degli atleti di Damasco -, la primavera araba è ancora viva nel ricordo, il paese della Mecca doveva decidere cosa fare. Allafine,tralestellechesicontenderanno lagloriasportiva,BolteBlake,giamaicani dei 100 metri, il veterano Phelps contro l’idolo delle teenager Lochte nel nuoto, le stelle del basket Nba Lebron James per gliUsaeSergeIbakaperlaSpagna,brilleranno nella parata due atlete sconosciute, la Shahrkhani, judoka, e la Attar, dell’atletica: saranno dietro la bandiera saudita, rompono l’ultimo tabù nei Giochi delle Donne. Applauditele con le calciatrici dell’Iran, squalificate perché giocavano con il velo della modestia islamica. C’è voluta la mediazione del principe giordano al Hussein perché il Comitato olimpico concedesse un invito. E poiché siamo nell’era dello shopping, ecco un designer olandese offrire il velo perfetto, Lycra e Velcro, sicurezza nei colpi di testa, conservatori sorridenti.

Con i Giochi delle Donne assisteremo ai Giochi dei Social Media. A Pechino, quattro anni fa si mandarono durante le Olimpiadi tanti Tweet quanti si consumano oggi in poche ore. Le stelle vivono di twitter, Facebook, web, blogs. Gli sponsors, non contenti di decorare con i loro brand ogni spazio olimpico, chiedono ai loro sportivi di lanciarli online. Procter&Gamble riempie di prodotti per la casa la vasca da bagno della ginnasta Usa Douglas che twitta a 27.000 seguaci “Amo questa roba”. Usain Bolt twitta a 610.000 followers le lodi della bibita Gatorade. Seguono Lebron James in 5 milioni e mezzo @kingjames, il trionfatore del Tour l’inglese Wiggins in 276.633 @bradwiggins.Nonsitwittasolopersoldi,l’ostacolistaLoloJones,cheaPechino,alpenultimo ostacolo inciampò perdendo la medaglia d’oro, cerca vendetta a Londra e intanto cerca anche Dio e l’Amore. Dove li cerca? Su twitter naturalmente, “Chiedo di notte piangendo a Dio: dov’è mio marito?”. Lolo è ancora vergine, in pista invoca il successo perduto in Cina, in Chiesa il favore del Signore, online un compagno fedele. Tra due settimane sapremo che cosa ha ottenuto. La bella saltatrice greca Papa christou ha ottenuto invece una squalifica, grazie a un tweet razzista su morsi di zanzare e operai a fricani: usava i new media solo da 4 settimane, un altro record.

Nei Giochi delle Donne e dei Social Network, aguzzate lo sguardo tra le comparse che il regista Boyle ha convocato al Parco Olimpico, oltre il Tamigi dove, ignari della crisi, ormeggiano yachts con vista sui palazzi di Westminster, l’Octopus, il polpo, di Paul Allen della Microsoft, la decima barca più bella al mondo secondo gli esperti, l’Ilona di Frank Lowy magnate di Westfield Group. Non invidiateli troppo, potete sempre affittare il Seanna, inclusa discoteca e palestra sul ponte, per soli 462.000 euro la settimana.

Bene, sulla pista della grande festa, sfilerà a un certo punto la bandiera di Israele, che piange gli atleti caduti a Monaco 40 anni fa per il terrorismo di Settembre Nero. Poco dopo passerà la Giamaica di Bolt e Blake, il paese che giusto il 6 agosto celebra 50 anni di indipendenza dall’ospite Gran Bretagna. Alzatevi quindi ad applaudire la nazione che passa tra lacrime di Israele e gioia della Giamaica (Jamaica in inglese). Siamo noi, l’Italia, gli azzurri, i nostri, i ragazzi. Hanno avuto la bandiera che porterà la schermitrice Vezzali dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, volato ieri al Villaggio Olimpico malgrado il cordoglio “atroce” per la scomparsa del collaboratore giuridico D’Ambrosio, stroncato dal crepacuore di un infarto nel mezzo di una violenta campagna contro il suo operato. Sfilano dietro gli atleti i 1900 miliardi di euro di debito pubblico e i 9000 di ricchezza privata italiani, la crisi nera in cui viviamo, le riforme dure in cui speriamo. Gli olimpionici sono vestiti da Giorgio Armani, le didascalie informano vezzose di “scarpe francesine a coda di rondine europea, con forature all’inglese scamosciato tricolore…” l’unità europea in una suola.

Armani ha ricamato i versi dell’Inno di Mameli sui capi degli azzurri e ha fatto bene. Ogni paese, dalle donne musulmane, al lottatore ceceno Saytiev che va in pedana per la Russia ma sogna autonomia dalla Russia, alla boxeur afghana Rahimi non ammessa all’ultimo momento perché troppo inesperta, sogna una rivincita all’ombra dei cinque cerchi. Noi, senza una ragione, chiederemo agli atleti italiani non solo di battersi per cogliere solo il frutto sportivo del loro talento e della loro fatica, in testa a tutti la Pellegrini. No: chiederemo di darci una speranza in più, di farci sentire ottimisti che ai Giochi di Rio 2016 il peggio sarà alle spalle, quattro anni d’oro. Troppo per dei ragazzi, ma le Olimpiadi sono pesanti, meravigliose, un sogno fatto di fatica. Chiedetelo a Stamata, che ha corso da sola per 5 ore e mezza, in compagnia dei suoi sogni, in compagnia della sua pena.