I ricchi sono andati a cena, a Beaga, BH, il soprannome di Belo Horizonte, a Rua Curitiba o Santa Catarina, strade bene dei ristoranti. I poveri sono andati a dormire, domani si lavora, o sono rimasti incantati a rivedere i sette gol che la Germania di Löw ha segnato al Brasile di Scolari, lezione di calcio storica. Chi non riusciva a prendere sonno in Brasile era come ipnotizzato da certi canali che, come se il regista fosse paralizzato, trasmettevano in serie i gol di Muller, Klose, Schürrle.  

 I ricchi, i ragazzi con il Rolex al polso -”il mio orologio vale quanto un appartamento” si vantava Roberto Carlos, terzino famoso ai tempi in cui la Selecao aveva un terzino-, le ragazze con il naso rifatto “alla francede”, ridono, scherzo, piluccano aragosta al Wine Experience, cantina con 5000 bottiglie, o al Favorita, provano la migliore pasta a Sud di Napoli. Ridono, brindano, si fanno fotografare con qualche tifoso tedesco, poi, rimasti solo lamentano bevendo Brunello di Montalcino del 2008 (“Ma come ci siamo fatti fare sette gol”?).  

 Una signora nota il cronista, seduto da solo con le credenziali di Blatter al collo, grandi e goffe come il bavaglino di un neonato, e perentoria detta “Lo scriva: domenica a Rio de Janeiro noi la Dilma la facciamo nera a fischi”. Dilma è la presidente Rousseff, ha già subito le contestazioni a San Paolo, il primo giorno del Mondiale, ma dopo la risicata vittoria ai rigori del Brasile contro il Cile e l’avventuroso quarto di finale contro la Colombia ha fatto l’errore eterno dei leader brasiliani, saltare sul pallone per un effimero vantaggio alle elezioni presidenziali d’autunno. Prima ha scritto una melensa letterina a Neymar dopo l’infortunio “guerriero…non ti arrendi…enorme coraggio…” roba da tema del Liceo 1950, poi ha annunciato di voler premiare la squadra vincitrice della Coppa domenica, immaginando fosse il Brasile. Ora diffonde la solita nota retorica, “sono molto, molto, triste come tutti i tifosi brasiliani…” il che non le risparmierà le contestazioni a Rio.  

 Non che a Dilma importi troppo, sa che quei ceti sociali voteranno per i suoi rivali liberisti, a lei interessano i lavoratori, i poveri. I quali hanno subito la botta dei 7 gol con meno sarcasmo dei loro connazionali bene, perché hanno meno nella vita e il calcio è il sogno. Il Mercato Central di Belo Horizonte, bastione del vecchio Brasile, dove comprate da mangiare, caffettiere di alluminio, pollame vivo, apre presto al mattino, e già a tarda notte, dai primi camion che scaricano, i ragazzi che si passano cassette e cicche di sigaretta, imprecano “Quelli credevano che la coppa fosse un loro diritto, mica se la volevano sudare…”. 

 L’autostrada dallo Stadio Mineirao al centro città, con l’incongrua “metropolitana-autobus”, una corsia dedicata ai bus con tanto di fermate coperte, come una metro di superficie, è la Via Crucis del Mondiale, percorsa all’inizio della partita dal pullman della Selecao Carro Trionfale del Carnevale a luglio, con le ragazzine a lanciar baci ai campioni presunti e loro, dai vetri trasparenti imposti dal portiere Julio Cesar alla federazione che li voleva scuri, a salutare con le cuffie sulle orecchie, Ciao Ciao. Ieri notte solo un manovale, con la bandierina verde e il globo Ordine e Progresso in spalla, la percorreva a piedi, contromano in corsia d’emergenza, come capita da queste parti ai poveri. Il Brasile del boom sulle berline tedesche a 150 all’ora, il Brasile fermo al sottosviluppo in corsia a destra, a piedi, contromano.