Come devono comportarsi il governo di una nazione, la società civile, i cittadini, durante la minacciata pandemia coronavirus? La malattia, con i morti, gli ammalati, i positivi, mette il mondo davanti a se stesso, con le sue fragilità e la sua forza, e ci induce a un esame di coscienza radicale. 

In due mesi, da quando il governo cinese ha prima nascosto, poi rivelato con reticenza, il dramma del contagio, quanti totem abbiam visto crollare, miseramente. Ricordate? I sistemi totalitari funzionano meglio delle democrazie, ci predicavano, dai talk show e online, i guru spelacchiati dell’odio: e lo abbiamo visto come la censura di Pechino, dalla metropoli sfortunata di Wuhan alla provincia di Hubei, ha seminato disastri. Ricordate? La scienza e l’Organizzazione Mondiale della Sanità sono al servizio mercantile di Big Pharma, l’industria farmaceutica, i vaccini sono una truffa, studiosi come Walter Ricciardi, Ilaria Capua, Roberto Burioni vanno azzittiti, licenziati, trascinati in tribunale: e ora li si implora di ricordarci “Lavarsi le mani spesso!” e si contano i giorni mancanti al vaccino. Ricordate? L’informazione di qualità fa schifo, un blog redatto da arrabbiati scalzacani basta a capire ogni cosa: e ora si cercano notizie e commenti autorevoli (gli articoli sul coronavirus de La Stampa, opportunamente, sono aperti dal paywall online). 

Bene, ma non basta. I casi aumenteranno, come le vittime, e quanto prima adotteremo misure razionali, tanto prima l’epidemia verrà contenuta e sconfitta. Senza isterie, senza chiasso, senza panico. Ciascuno ha un ruolo da svolgere, con responsabilità e metodo. Il governo di Giuseppe Conte deve realizzare che per milioni di italiani il virus è preoccupazione divorante, minimizzare non paga. È stato un errore chiudere ai voli dalla Cina, perdendo però la tracciabilità dei viaggiatori che, grazie all’analisi delle reti e ai big data ha permesso a scienziati come Alex Vespignani di circoscrivere l’ebola con efficacia, ma sarebbe adesso strumentale crocifiggere il premier, cui tocca però agire senza frenesie, correggere la rotta quando serve, operare con alacre severità. 

La trasparenza è sempre la migliore medicina di una democrazia, parlare alla gente senza “latinorum”, spiegando i rischi concreti e chiedendo i sacrifici necessari. Noi italiani, tra i mille difetti del carattere nazionale, siamo persone di buon senso, se trattati da adulti, senza bugie, comprendiamo e ascoltiamo. I leader politici, maggioranza e opposizione, non provino dunque a guadagnare effimero consenso spargendo paura, cialtronata che non gioverà. Sarebbe utile un vertice in Parlamento, con ministri addetti e le autorità sanitarie, coinvolgendo forze sociali, aziende, sindacati, università, per discutere le misure proposte e, senza arroganza, ascoltare le idee altrui, a beneficio di chi è angosciato. 

Coronavirus ci fa riscoprire comunità, niente Destra e Sinistra, Ricchi e Poveri, Città e Campagna, Italiani e Immigrati, tutti a rischio, tutti in cerca di rassicurazioni. Comunità, famiglia, Repubblica con opinioni opposte, ma unite dal bene reciproco. Potranno venire giorni peggiori prima della soluzione, dobbiamo spenderli insieme, anche consolandoci a vicenda con la verità, per amara che sia. Noi giornalisti abbiamo un impegno etico che ci richiama alla vera vocazione del nostro lavoro e che qualcuno, va detto, disattende per un click, una copia, un punto di share in più: la brava gente, impaurita, ci chiede che fare e che cosa pensare, diamo loro ogni informazione, con cura e franchezza, e torneranno al confronto. 

Proprio nell’emergenza, l’ormai cronica sfiducia per politica, cultura, classe dirigente può, a sorpresa, esser sradicata e la fiducia riseminata. Nel 1940, in guerra contro la dittatura, il premier inglese Churchill parlò di “Sangue, sudore e lacrime” e in milioni si fidarono. Goebbels, il propagandista di Hitler, proclamava tronfio “Tutto va bene!” e alla rotta di Stalingrado, nel 1943, scoprì, impotente, quanto poco durino le menzogne. La sola strada di uscita dal dramma coronavirus è comune, la scienza troverà profilassi rapide e antidoti ad hoc, ma nell’ora della prova solo ritrovare la nostra migliore fibra morale, smarrita nel chiasso dell’odio, ci terrà insieme e, infine, salverà.