Neppure ai tempi della Guerra Fredda, con gli scontri sulla Nato, la politica estera contava come oggi. Prima il caso dei sottufficiali Latorre e Girone che, arrestati in India durante una missione anti-pirati, sono da un anno e mezzo in incerta attesa di giudizio. Vari paesi, dagli Stati Uniti a Sri Lanka, in casi analoghi, hanno risolto i problemi con l’India senza arresti, noi no. Poi la tormentata vicenda del dissidente kazako Mukhtar Ablyazov, manovrata da interessi e diplomazie che hanno ignorato e irriso il nostro paese, deportando innocenti in condizioni disperate.  

A completare l’atlante geopolitico il fermo a Panama dell’ex dirigente Cia Seldon Lady, condannato con un gruppo di 23 agenti americani per avere organizzato a Milano, nel 2003, il rapimento dell’imam Abu Omar. Erano i tempi in cui l’America di George W. Bush, in guerra con il terrorismo, lanciava le sue «extraordinary rendition», sequestri di sospetti in territori stranieri, da giudicare poi nelle corte militari Usa, o deportare in paesi alleati, tra torture e pestaggi. 

Ora che Lady, l’ultimo dei condannati su cui ancora pendesse mandato internazionale, è fermato a Panama e può essere estradato in Italia, si apre un altro, inaspettato e delicatissimo, dossier internazionale per il premier Letta. Complicato perché, proprio nelle ore in cui i siti lanciavano la notizia dell’arresto di Lady, il nostro paese veniva deprecato a Ginevra dalle Nazioni Unite sul caso dei familiari di Ablyazov, considerato dagli esperti di diritti umani proprio una «extraordinary rendition» come per Abu Omar. 

Segua il lettore il labirinto in cui siamo finiti: possiamo chiedere l’estradizione di Lady, in nome di una sentenza che lo condanna per avere mandato al macello in Egitto Abu Omar, «extraordinary rendition» che viola il diritto internazionale e italiano, oltre alla moralità innervata alla nostra Costituzione, mentre dobbiamo difenderci dall’accusa di avere perpetrato, ai danni della famiglia di Ablyazov, lo stesso reato, violando a nostra volta norme e etica. Brutte notizie per Enrico Letta, che dovrebbe occuparsi di rilanciare la nostra anemica economia e deve invece districarsi da insidiose trame.  

Che fare adesso? In primo luogo è importante che tutti, governo, parlamento, diplomazia, magistrature, opinione pubblica, seguano, nella forma e nella sostanza, leggi e buon senso, senza scorciatoie furbette. Avessimo seguito questa norma elementare non avremmo la colpa Ablyazov. 

Al tempo stesso i politici a caccia di un titolo di mezza estate, ricordino che stiamo trattando di vicende serie, inutile fare i filo o gli anti americani, ammantati di garantismo o antiterrorismo. Già la collaborazione seria tra la Casa Bianca di Barack Obama e il Quirinale di Giorgio Napolitano spense molti guai con il metodo della grazia, e se la stessa antica e efficace diplomazia tra paesi amici fosse stata usata per i marò la contesa sarebbe stata risolta con reciproca soddisfazione. 

Usare l’estradizione di Seldon Lady, che al processo irritò con la sua condotta i magistrati ricordando che certi accordi politici segreti tra paesi non dovrebbero finire in un processo pubblico, per propagande petulanti nuocerà al governo Letta ma, soprattutto, agli interessi nazionali dell’Italia e alla sua, purtroppo offuscata, credibilità internazionale. Possiamo affermare il nostro giusto diritto con il tono fermo di paese fondatore dell’Unione Europea, democrazia alleata degli Usa nella Nato e protagonista su ogni fronte di peace keeping con le nostre forze armate. 

Dobbiamo farlo senza perdere di vista la realtà. L’Unione Europea, che ieri si è limitata a un flebile comunicato di Lady Ashton per condannare Putin sulla persecuzione al dissidente Navalny, ha tuonato contro Washington sul caso dei Big Data e del programma di sicurezza Nsa Prism dopo le rivelazioni dell’ex agente Snowden. Bene, il chiasso – pur giustificato dall’invadenza americana - rallenta, qualcuno perfino teme metta a rischio, il negoziato sul Patto di libero scambio Usa -Europa, accordo necessario alle nostre economie per crescere e al nostro continente per vivere sereno, nei giorni in cui Cina e Russia lanciano le più grandi manovre navali militari congiunte della loro storia. 

Possiamo dunque, e dobbiamo, chiedere il rispetto del nostro diritto anche sul caso Abu Omar, ma dobbiamo farlo da paese e democrazia matura, cosciente dei propri interessi nazionali e rispettoso degli alleati, in un mondo che è ormai il nostro condominio.