L’inaspettata trasformazione di Donald Trump, da star della televisione a nomina repubblicana per la presidenza, è stata ampiamente analizzata nei mesi passati. La maggior parte di queste analisi, spesso appropriatamente, si sono concentrate sui fattori strutturali che hanno alimentato la sua popolarità. Ma Trump andava bene nei sondaggi repubblicani già un anno fa, quando praticamente nessuno pensava che avrebbe vinto.

I modi e le tattiche che nello specifico hanno portato Trump da “famosa celebrità che andava bene nei sondaggi repubblicani” a “quello che ha sconfitto una dozzina di politici affermati e ha conquistato la nomina” valgono la pena di essere raccontati nei loro termini. È una storia di un atteggiamento forte e innovativo da parte di Trump. Ma è anche una storia di una grande cantonata ricevuta da dell’establishment repubblicano.

È un racconto nel quale, ironicamente, i discepoli dell’economia del libero mercato sono stati travolti dai problemi sociali e dall’incapacità di controllarsi.

   

Preludio: Mitt Romney e il certificato di nascita

Ci sono alcune trame ricorrenti nella politica di Trump attraverso gli anni, come Vox ha appreso leggendo dodici suoi libri.
Ma ci sono anche una grande quantità di incongruenze. La linea attuale di Trump ha ormai cinque anni e risale ad una serie di incidenti del 2011, quando sollevò dei dubbi riguardo l’autenticità del certificato di nascita di Obama.

Se il partito repubblicano fosse stato un’organizzazione politica sana, questo avrebbe portato i funzionari eletti del partito a rigettare Trump, che non aveva alcun altro precedente nella politica conservatrice. Si immagini quanto velocemente i democratici si sarebbero allontanati da una star della televisione che nel 2003 avesse inziato a dire in giro che l’undici settembre era stato un lavoro interno.

Ma i repubblicani fecero l’opposto. Mitt Romney ricercò e ricevette l’appoggio di Trump, organizzando con lui un evento ed invitandolo, nel 2012,  a parlare ad una convention repubblicana. Nonostante alcune proteste conseguenti da parte di repubblicani anti-Trump, che sostenevano che un alieno avesse invaso il loro partito, la realtà è che furono loro ad invitarlo.

  

1 - Il dominio dei media

Le convincenti performance delle elezioni di metà mandato dei repubblicani, nel 2010 e nel 2014, avevano dato al partito una eccedenza di funzionari qualificati, eletti a livello nazionale, pronti a partecipare alla corsa per la presidenza. Si aggiunga a questo “grande raccolto” una schiera di vecchi governatori, fra i quali Jeb Bush e Rick Perry, e si ottiene una quadra molto solida. Quasi troppo solida, si è visto, perché la vasta schiera di personaggi significava, per ogni repubblicano, difficoltà ad emergere.

Trump, a differenza loro, si dimostrò straordinariamente capace nel distinguersi. Una combinazione di affermazioni oltraggiose e di continua disponibilità dei media - era infatti sempre pronto a fare apparizioni televisive improvvisate- gli aveva permessoì di dominare senza sosta la scena mediatica sin dal primo giorno.

   

2 - La compiacenza

Anche mentre Trump guidava i sondaggi durante l’autunno del 2015, la percezione dominante nei suoi riguardi, da parte dei suoi avversari, era di una irrefrenabile compiacenza. Per i suoi concorrenti, nonostante i suoi risultati, il suo dominio non era un evento chissà quanto straordinario, dato che il suo consenso era di molto inferiore al cinquanta percento dei votanti.

Le campagne rivali avevano semplicemente presunto, forse direttamente sotto l’influsso del “The Party Decides”, ovvero l’idea secondo la quale il partito lo avrebbe fermato, o forse solo in considerazione della somiglianza con le campagne del 2012 di Herman Cain e Michele Bachmann, che la sua attrattiva sarebbe naturalmente svanita. Il gioco, quindi, non era più basato sullo sconfiggere Trump, ma solamente sul raccoglierne i pezzi una volta che egli fosse caduto.

Di conseguenza, Ted Cruz passava il tempo, sperando prima o poi di ereditare i suoi sostenitori di Trump.

Il super PAC di Jeb Bush invece ha speso gran parte delle sue enormi risorse finanziarie attaccando tutti i candidati, fatta eccezione per Trump, con la speranza di diventare la sua unica alternativa. John Kasich e Chris Christie essenzialmente erano rimasti fuori dalla campagna attiva ed erano restatii semplicemente ad occupare il New Hampshire, sperando che un secondo posto nello Stato del Granito gli potesse portare rilevanza. L’attenzione di Marco Rubio era invece puntata sul portare via a Jeb Bush il manto dell’establishment.

   

3 - La paura di Ted Cruz

A gennaio una chiara falla nella strategia di Trump era emersa. Era ancora ben sotto il cinquanta percento nei sondaggi nazionali ed era in chiaro pericolo di lasciare l’Iowa a Ted Cruz. Quest’ultimo l’avrebbe potuto battere in questo Stato, così da emergere come il candidato che l’avrebbe fermato, per poi ottenere l’elettorato a lui contrario e vincere.

Il problema era che tutti i leader repubblicani odiavano Ted Cruz. Infatti gran parte dell’establishment repubblicano si convinse che avrebbe preferito Trump a Cruz.

Nulla di questo aveva fermato Cruz dal conquistare una vittoria in Iowa, ma gli impedì di trasformarla nell’onda che avrebbe potuto plausibilmente fermare Trump. Non ci fu alcuna alluvione di sostegni per Cruz, nessuna impennata nella copertura mediatica lui favorevole proveniente da fonti inaspettate e nessuna nuova e strana stima da parte dei media.

   

4 - Il brutto dibattito di Rubio

All’inizio dell’anno, la campagna di Marco Rubio iniziava ad essere articolata in un 3-2-1: ottenere un terzo posto in Iowa dietro a Cruz e Trump, finire secondo dietro Trump nel New Hampshire, e poi indirizzare su di se tutti i votanti anti-Trump e anti-Cruz per vincere in South Carolina. Questo, nelle sue idee, lo avrebbe portato a vincere liberamente una campagna a livello nazionale.

Ebbe il terzo posto in Iowa, distinguendosi dai tanti ed ottenendo un impeto considerevole in termini di copertura mediatica e sostegno.

Poi avvenne un disastroso dibattito pre-Hampshire nel quale, in risposta ad un pesante attacco di Chris Christie, Rubio crollò completamente e minò la fiducia in una sua sufficiente maturità per le grandi occasioni.

Questo spinse Rubio verso il quinto posto nel New Hampshire e portò Kasich al secondo, con gli elettori dello Stato ignari, o forse poco interessati alla sua campagna a livello nazionale, il che rendeva impossibile da parte sua di far leva su questa nuova visibilità per vincere in South Carolina.

   

5 - Caos in South Carolina

La terribile figura di Rubio nel New Hampshire significò, per Bush, rimanere in corsa e ottenere un’ultima possibilità in South Carolina. Kasich ebbe un breve momento favorevole. Cruz rimaneva forte nel sud. A questo punto l’establishment si trovava talmente impegnato su Rubio da doverlo supportare.

Il risultato fu che Trump ottenne tutti i cinquanta delegati nel South Carolina con meno di un terzo dei voti. Il trio dell’establishment, Rubio, Bush e Kasich, si unì per sconfiggere Trump nei sondaggi, ma quest’ultimo grazie al voto spaccato in tre, riuscì a finire con dieci punti di distacco da Rubio e a ottenere tutti i delegati.

Lo stato della Palmetta, il South Carolina, nelle tornate elettorali precedenti si era guadagnato la reputazione di Stato "stopper" della corsa di aspiranti leader di partito. Ed è facile immaginare una realtà alternativa nella quale Rubio non sbaglia il dibattito, fa meglio nel New Hampshire, guadagna l’endorsment di Bush e/o Kasich prima del South Carolina, e inizia a sconfiggere Trump nei testa a testa.

Un altro scenario che è possibile immaginare è quello in cui l’establishment politico dello Stato si schiera con Cruz, il candidato più forte fatta eccezione per Trump, e inizia il suo cammino per consolidare il partito. Invece il GOP combinò un disastro.  

  

6 - Super Tuesday

Il primo grande evento elettorale con diversi Stati al voto contemporaneamente avvenne il primo marzo, quando Bush era già uscito dalla corsa e Cruz, grazie alla sua vittoria in Texas e ai suoi punti di forza nel sud, era emerso come la maggiore alternativa a Trump.

Ma sia Rubio sia Kasich avevano voluto stringere i denti e partecipare al “Super Tuesday”, entrambi convinti delle imminenti vittorie, il quindici marzo,  nei loro relavit stati, Florida e Ohio.

Il risultato fu una grande vittoria per Trump contro un fronte diviso. Vinse nel Tennessee con il 40% percento dei voti, in Virginia con il 35%, in Georgia con il 39 e in Vermont con il 33.

Gran parte degli Stati che votavano nel Super Tuesday erano i territori forti di Trump, e, mentre molti elettori repubblicani ordinari volevano che Trump diventasse la nomination del partito, la maggior parte non votò per lui. Tuttavia egli riuscì lo stesso a conquistare la maggior parte degli stati e ad ottenere un grosso bottino di delegati.

  

7 - La raccolta dei cocci

Mancavano ancora due mesi alla fine delle primarie, ma i risultati del Super Tuesday, combinati con quelli pessimi dei sondaggi di Rubio in Florida, significarono che, essenzialmente, l’affare era già concluso. I due candidati ancora in corsa, Cruz e Kasich, erano entrambi delle forze disgiuntive all’interno del partito repubblicano piuttosto che delle persone abili nel costruire una vasta coalizione anti-Trump.

In più, divenne presto chiaro che, mentre delle campagne solide da parte di Cruz e Kasich avrebbero fatto astenere Trump dall’ottenere il cinquanta percento dei delegati, necessari per assicurarsi la nomination, nessuno dei due sarebbe mai stato in grado di ottenere quella percentuale.

Questo complicò i messaggi di entrambi i contendenti: stavano davvero correndo per la presidenza o stavano solamente facendo sotterfugi per Romney o Paul Ryan o qualche altra figura ai margini dell’establishment?

Soprattutto, ciò aumentò lo spettro di una convention caotica e contestata.. Gli americani sono abituati ad elezioni nelle quali una maggioranza è in grado di vincere, e molti avrebbero visto il rifiuto di Trump da parte dell’establishment come un furto.

Piuttosto che unirsi per fare un ultimo tentativo contro di lui, alcuni componenti del partito iniziarono ad andargli incontro. I governatori della Florida e del Maine lo appoggiarono, insieme al suo precedente rivale, il governatore del New Jersey Chris Christie. Così Trump cominciò  a salire sempre più in alto nei sondaggi nazionali.

Ci furono un gran numero di barriere e di situazioni promettenti poi sfumate lungo il cammino, ma riguardando i fatti a partire da metà marzo in poi, fu complessivamente un’operazione di “raccoglimento cocci”. Per tutto il tempo, il sostegno che Trump aveva ricevuto era rimasto abbastanza basso da renderlo, in teoria, battibile. Tuttavia  nessuno è arrivato a sconfiggerlo e né Cruz, né Kasich si sono trovati nelle condizioni di poterci riuscire.