In una società fortemente mediatizzata, come spiegano i sociologi della comunicazione, il peso dell’informazione sui processi di costruzione del consenso e dell’opinione pubblica e la connessione sempre più stretta tra la politica e i media hanno fatto del “pubblico del marketing” un “pubblico politico”. Il condizionamento mediatico non è solo pubblicità e mercato ma anche politica e voti.

Per conoscere il potere di influenza politica di un mezzo d’informazione, fino ad ora, è bastato considerare i numeri dell’audience o il numero di lettori.

Ma associare ai “numeri” il potere d’influenza non è corretto. Questo tipo di valutazione non distingue tra “markets and voters”: per calcolare il potere d’influenza di un media sulle scelte politiche bisogna distinguere tra telespettatori/lettori e votanti e calcolare, non la quantità del pubblico raggiunto, ma il “livello di attenzione”ottenuto.

L' intuizione è di un economista italiano, Andrea Prat, professore alla Columbia University, che oltre a scrivere per numerose riviste economiche (American Economic Review, Econometrica, , Quarterly Journal of Economics e Presidente della Review of Economic Studies) è membro del Council of the European Economic Association, del Council of the Royal Economic Society e del Centre for Economic Policy Reserach.

Prat, nella sua recente pubblicazioneMedia Power”, propone un modello economico-politico, specifico, in grado di misurare il potenziale massimo d’influenza dei media nell’orientamento del voto.

Partiamo dal presupposto che ciascuno di noi utilizza più canali d’informazione (tv, giornali, web): se un elettore potenziale legge il New York Times e guarda ABC NEWS queste saranno le fonti informative che potrebbero influenzare le sue idee politiche. Il “livello di attenzione” prestato ad un media dipende dal numero delle fonti utilizzate dall’utente.

Dal rapporto tra le fonti d’informazione disponibili e quelle effettivamente utilizzate, Prat identifica l’Overall Attention Share.

Come si legge nella tabella sopra, la percentuale dell’attenzione è relativa alla percentuale del numero totale di share di un media diviso il numero di fonti utilizzate da ogni potenziale elettore: se l’attenzione di TV1 è del 25% (e non del 30%) dipende da quel 10% di Share del “terzo segmento” che viene divisa per due, cioè il numero delle fonti utilizzate (Tv1, Np1).

In questo modo più il numero dei canali utilizzati è frammentato più l’attenzione del lettore sarà bassa e meno potere avrà un media di influire sulle sue scelte politiche.

Sulla base di un’indagine pubblicata da Pew Institute, Media Consumption, Prat è riuscito a rilevare l’indice del potere di quindici dei maggiori media americani:

Un dato importante è che le prime cinque fonti d’informazione sono televisive, il New York Times è in nona posizione e il new media Yahoo è al sesto posto.

Considerando l’indice di valore del 22% dell’influenza di News Corporation significa che potenzialemente potrebbe spostare fino al 22% di voti tra due partiti e decidere il successo elettorale. Supponiamo che il partito A ha il 61% dei voti rispetto al partito B che ha il 39%. News Corporation spostando solo l’11% di voti da A a B potrebbe ribaltare i risultati della campagna elettorale e garantire al partito B di vincere con il 50% di voti più uno.

Questo dimostrerebbe che, nonostante la pluralità dei media, la maggior parte degli Americani utilizzano un numero molto limitato di canali d’informazione e che la concentrazione dell’attenzione verso i pochi media darebbe a questi un potenziale di condizionamento molto forte. Se questi dovessero appoggiare alcune idee avrebbero il potere di decidere le sorti della politica