Dalla prima volta di Papa Benedetto XIV, il 3 dicembre 1740, poche delle circa 300 encicliche hanno scatenato speranze e critiche come la «Laudato sii», titolo previsto del testo che Papa Francesco diffonderà il 18 giugno «Sulla cura della casa comune», l’ambiente. L’ex senatore repubblicano Usa Rick Santorum, cattolico e con sogni sulla Casa Bianca 2016, intima a Bergoglio «lascia la scienza agli scienziati». Sul Washington Post il columnist Chris Mooney esulta «Papa Francesco offre al movimento ecologista quello di cui ha bisogno: la fede».

«Laudato sii» sarà la prima enciclica originale di Papa Francesco, la «Lumen Fidei» del 2013 era legata a Benedetto XVI. Prenderebbe il titolo dal «Cantico delle creature», capolavoro redatto intorno al 1224 da San Francesco, di cui il cardinale di Buenos Aires ha voluto il nome. Sette secoli prima dell’Ipotesi Gaia di Lovelock, San Francesco loda nel creato un sacro organismo, con l’uomo, a immagine di Dio, a custodire, non dissipare, la natura.

L’annuncio dell’enciclica silenzia le talpe che agitavano presunte opposizioni della Congregazione per la Dottrina della Fede alla scelta ambientalista del Papa. Secondo la professoressa Berger, della Yale Divinity School, il Papa sta invece già correggendo il testo e sono in corso le traduzioni. Con la Chiesa schierata sui cambi climatici, il Papa trasforma la discussione da scientifico-politica in morale-religiosa e le conseguenze del suo gesto saranno profondissime.

L’Accademia Pontificia, alla presenza del segretario Onu Ban Ki-moon, del cardinale Turkson e dell’economista Sachs, ha approvato un documento che anticipa la «Laudato sii»: «I cambiamenti climatici indotti dall’uomo sono una realtà scientifica, e il loro controllo rapido è un imperativo morale e religioso per l’umanità» da avviare entro l’anno.

L’enciclica arriva a pochi mesi dalla Conferenza sul Clima di Parigi, 30 novembre, che deve stabilire le misure per contenere il surriscaldamento sotto 2 gradi centigradi. Domani sarà il giorno del World Wide Views, sondaggio mondiale d’opinione sul clima perché, al contrario dei Protocolli di Kyoto, mai condivisi in America o rispettati in Europa, Parigi 2015 sogna un accordo internazionale verso economie compatibili, a basso tasso di carbone, gas serra, sostanze inquinanti. A partire dal 2020, il trattato spera di coinvolgere le industrie sviluppate, con India e Cina, per temperare gli effetti su oceani, atmosfera, condizioni metereologiche e limitare disastri, alluvioni, piogge torrenziali, siccità, migrazioni.

La maggioranza degli scienziati crede nell’ipotesi uomo sui cambi climatici (vedi il nuovo saggio «2C Due Gradi» di Gianni Silvestrini, Edizioni Ambiente), la gente comune percepisce – con l’ondata di precoce caldo torrido in Italia, l’inverno di New York più gelido dal 1934, la catastrofica siccità che fa parlare di «fine della California»- che qualcosa s’è rotto. Hollywood percepisce l’inquietudine diffusa e moltiplica gli apologhi morali sulla Natura tradita che si vendica: «Noah» con l’Arca di Russell Crowe, «Mad Max Fury Road» con la Charlize Theron, eco-guerrigliera contro la siccità, «San Andreas» con il sisma a azzerare l’arroganza high tech.

È vero che ere di «caldo» e «freddo» si sono alternate sulla Terra, lo statistico Nate Silver («Il segnale e il rumore» Fandango) dimostra come sia ostico far previsioni sulle variazioni del clima, ma alla fine deve prevalere un principio di cautela. Se anche il mutamento non fosse «solo» opera dell’uomo, ma in parte «naturale», meglio comunque moderare i danni. Due dati sintetizzano la sfida in corso: mentre i turisti affollano Expo sull’alimentazione a Milano, si stima che entro il 2055 l’umanità dovrà produrre più cibo di quanto non ne abbiano prodotto gli antenati nei 10.000 anni precedenti; in quattro anni, dal 2010 al 2014, la Cina ha consumato più cemento armato di quanto gli Stati Uniti non abbiano impiegato nell’intero XX secolo. Lo sviluppo di pochi paesi era forse «sostenibile», lo sviluppo, benemerito, della globalizzazione che ha tratto un miliardo di esseri umani dalla fame in una generazione, va armonizzato con la Terra.

«Laudato sii» introduce la dimensione morale e religiosa nel dibattito. I critici rimprovereranno al Papa il «peronismo», l’astio contro il mercato che il cardinale Turkson depreca da «idolatria neoliberale», ricordando che i commerci globali hanno affrancato cinesi, indiani e latinoamericani dalla fame cui li costringevano le economie chiuse. Gli stessi cattolici Usa, più preoccupati dei protestanti del cambio climatico, non ritengono, 64 a 36%, che accordi su gas serra a Parigi «aiuteranno i poveri». Il patriarca di Costantinopoli, Bartolomeo, anticipa invece Francesco sulla difesa dell’ambiente.

David Roberts, del sito Vox, parla di impatto drammatico della «Laudato sii», la discussione tecnocratico-politica si fa morale, viaggia dalla «testa» all’«anima». Dibattere sulle curve CO2 è serio ma accademico, evocare «Sora nostra matre terra, la quale ne sustenta et governa, et produce diversi fructi con coloriti flori et herba» emoziona. Il professore Jonathan Haidt, nel saggio «The righteous mind», scrive che la debolezza della sinistra oggi è proprio l’indifferenza, il relativismo morale, mentre i conservatori radicano ogni posizione su radici etiche, condivisibili o meno che siano, e ne traggono autorevolezza.

Da Obama all’Europa, dalle aziende e dal mercato che scommettono a testa alta sullo sviluppo sostenibile, unica via contro la miseria e la carestia, ai militanti di base, il Papa offre con l’enciclica una benedizione a chi vuole crescere senza perdere la Terra, siglando un buon accordo a Parigi: «Laudato sii».