Nel suo nuovo film «Bridge of spies» Steven Spielberg ricorda il caso della spia sovietica Rudolf Abel, catturato dall’Fbi nel 1957, cuore della Guerra Fredda. Abel ha diritto a un regolare processo o deve essere giustiziato da una corte marziale? Spielberg affida a Tom Hanks il ruolo dell’avvocato Donovan che, pur detestando l’Urss, rappresenterà da garantista, fino alla Corte Suprema, l’agente Kgb. Fantasmi che tornano: siamo o no in guerra con il terrorismo, dobbiamo difenderci con il garantismo o servono maniere forti? Ogni democrazia, gli Usa che internano i cittadini di origine giapponese, la Francia ai tempi della guerra in Algeria, Italia, Germania, Regno Unito delle leggi speciali contro il terrorismo, il Patriot Act americano dopo l’11 settembre, conosce l’equazione amara «Libertà o Sicurezza?».

L’Europa la riaffronta con la strage di Parigi. Molti intellettuali erano persuasi che gli Usa «meritassero» il terrorismo islamico per le loro politiche e gran parte dell’opinione pubblica europea ha ignorato gli avvisi delle stragi a Madrid 2004 e Londra 2005, dimenticando, tra hashtag sentimentali, Charlie Hebdo 2015.

Il libello di Thierry Meyssan «L’incredibile menzogna» (Fandango), che negava le colpe di al Qaeda per le stragi in America accusando invece la «lobby militare» di avere minato le Torri, dominò a lungo le classifiche a Parigi, elogiato da tanti. Ora Meyssan rispolvera la teoria del complotto contro il suo stesso Paese «terrorista», stavolta nessuno lo recensisce, o traduce, gongolando.

Per ora, la Francia canta unita la Marsigliese, presto la leader del Fronte Nazionale sarà impegnata a vincere la presidenza della Regione Nord-Pas-de-Calais-Picardie, prodromo della sfida ad Hollande per l’Eliseo, e terrore, Islam, profughi torneranno negli slogan populisti. Difficile per una società aperta combattere la guerra di posizione del terrorismo wahabita, in un’aula accademica si può dibattere forbiti, in guerra dominano caos e scelte rapide. Considerate la confusione in corso sulla crittografia dei telefoni e dei messaggi informatici (come negare l’accesso a telefonate e sms, tramite codici informatici). Anziché ragionare con freddezza su privacy delle persone perbene e repressione dei terroristi, precipitiamo in polemiche ideologiche che sarebbero comiche, non fossero tragiche. La strage di Parigi, al contrario dell’abbattimento dell’aereo russo sul Sinai, è stata preceduta da un raggelante silenzio del «chatter», le voci che sempre, online e dagli smartphone, allertano l’intelligence sugli attentati. Isis sfrutta con bravura la crittografia che – dopo lo scandalo dei metadata Nsa rivelati dall’ex agente Snowden ora riparato a Mosca - impedisce controlli efficaci, «un terribile problema, privacy contro sicurezza» secondo Morell, ex vicedirettore della Cia, mentre l’attuale capo dell’Agenzia, Brennan, e Cardillo, capo della Ngia, lo spionaggio geospaziale, concludono in queste ore «Isis studia le nostre debolezze e colpisce». 

Compagnie come Google, Facebook e Twitter hanno chiuso ogni «porta sul retro» nei loro software per proteggere la privacy dei consumatori, lasciando al buio polizia e magistrati. Isis approfitta del nostro legittimo desiderio di privacy, scrive il Site intelligence group, e usa Telegram Messenger, messaggini criptati dell’informatico russo Pavel Durov, creatore del social media VKontakte. Telegram sfugge ai controlli, magari in parallelo alle innocenti consolle Playstation dei nostri ragazzi. Isis recluta sui social media, ma mobilita i militanti sui canali crittati, ha confermato ieri il direttore dell’Fbi James Comey. Il procuratore capo di Manhattan, Cyrus Vance Jr, annota malinconico che in ben 111 casi penali i magistrati di New York non sono riusciti ad analizzare i telefoni Apple e Google, per la formidabile crittografia che li protegge, e chiede «una nuova legge». Oggi le compagnie informatiche stesse non hanno «la chiave per aprire» gli smartphone, il Senato Usa vorrebbe imporlo per legge, con regolare mandato della magistratura, ma il pubblico ha a cuore più privacy o sicurezza? Ross Schulman dell’Open Technology Institute non ha dubbi, lasciare la crittografia senza disturbare «chiunque vada su Internet». Vedremo quale delle nostre battagliere idee, mode, tic e tabù, prevarrà: intanto Isis organizza online, indisturbata, la prossima strage.