Che la Chiesa Cattolica abbia gestito in modo errato, fino alla tragedia, la vicenda della pedofilia nei propri ranghi, ai vertici, nei palazzi, nelle parrocchie e nei seminari, è verità storica assodata. 
Ho visitato a Washington un ritiro-casa di cura in cui venivano ricoverati i preti pedofili, curati, sottoposti a penitenze e controlli. 
Ricordo il senso di angoscia orribile che gravava in quelle stanze, il vecchio monito evangelico di legarsi una macina da mulino al collo, punizione per lo scandalo dato ai bambini.
Il Rapporto della Commissione Onu per i diritti dei minori (testo integrale a http://goo.gl/L4zPuh) arriva dunque opportuno a stigmatizzare il grande scandalo, i ritardi della gerarchia nell’escludere i colpevoli, l’ipocrisia nel lasciare le vittime in silenzio, la vergogna, l’omertà, la folle scelta di rimandare i pedofili peggiori nelle parrocchie, tra famiglie impotenti e piccoli terrorizzati. Un’intera generazione di cattolici, ovunque nel mondo, si è sentita estraniata dalla fede per questa condotta da sepolcri imbiancati e lunga sarà la Quaresima di espiazione. 

Quel che non persuade nel testo delle Nazioni Unite non è dunque la condanna delle colpe dei pedofili nella Chiesa, da tempo condivisa e diffusa. È nel tono superficiale da magazine alla moda, dove con nonchalance questioni controverse come aborto, contraccezione, identità sessuale uomo-donna, vengono gettati nella stesso canovaccio con la pedofilia. Come se un piccolo parroco di provincia, immaginate un pretino come nel vecchio romanzo “Diario di un curato di campagna” di Bernanos, che dal pulpito condanni l’interruzione di gravidanza e raccomandi prudenze con le contraccezioni, sia per questo, d’istinto, sospettabile di pedofilia, da tenere lontano dagli scolari del Catechismo. 

Suor May Ann Walsh, portavoce della Conferenza Episcopale americana, commenta con sagacia il testo Onu: “Chiunque porti attenzione sul problema (degli abusi sessuali) contribuisce a risolverlo…”, ma mischiarlo con aborto e contraccezione rischia di far caos, “Purtroppo hanno gettato tutto nel lavandino e indebolito il rapporto. Aborto e contraccezione sono temi che scatenano guerre culturali, gli abusi sessuali non son temi da scontro culturale, sono un peccato e un crimine”. 

C’è, tra mille verità, un eccesso di giacobinismo moralistico che indebolisce il rapporto Onu. Come se si dovessero pagare pegni al Codice del Politicamente Corretto reso particolarmente rigido dal linguaggio burocratico da Palazzo di Vetro. I polemisti diranno che la stessa Onu non riesce a dire granché sui bambini gasati in Siria, pena il veto di Putin in Consiglio di Sicurezza, adorna le sue bacheche, ieri sui muri oggi online, di comunicati sui diritti umani, civili, culturali e religiosi dell’uomo e del cittadino, salvo farli firmare da governi che violano ogni giorno, in modo orrendo, quei diritti. I critici osserveranno che altre religioni o confessioni, che hanno stati membri pronti a difenderle con energia, raramente subiscono questo tipo di scrutinio, attenzione e condanna. Infine confusa appare l’identità tra Chiesa Stato Sovrano e Chiesa religione, come se un parroco pedofilo americano, italiano o brasiliano rispondessero solo al Papa delle proprie colpe, e non anche ai tribunali del proprio paese. 

Conta soprattutto che l’Onu, con la lentezza etica che spesso la aliena da tanti, non colga il clima nuovo nella Chiesa dopo l’elezione di Papa Francesco, il lavoro già avviato prima di lui per guarire la piaga infetta della pedofilia, degli abusi sessuali e del sistema che li ha protetti e perpetuati. Non valuti le differenze tra paese e paese, tra le culture diverse del mondo cattolico sul pianeta, tra paesi ricchi e poveri. Fa la morale richiamando a una data di controllo, il 2017, che nessuno avrà il potere di riconoscere. La Chiesa ha collaborato con il Rapporto al massimo livello –con il Procuratore Capo nei processi contro la pedofilia fino al 2012, il vescovo Charles J. Scicluna- sperando servisse da stimolo esterno all’opera di riforma morale. La gelida prosa Onu ha tutti i timbri della burocrazia contemporanea a posto, ma priva di calore e rispetto, si rivela purtroppo poco utile contro i mali che, a parole, intende combattere.