Dove non arriva la politica, arrivano i canarini. I giocatori della Seleçao (detti anche Canarinhos per la maglia gialla), dalla difficile posizione di multimilionari espatriati riescono a unire, nel tifo, le immense terre del meticciato, colorate da mille gradazioni di pelle, scolarizzazione, denaro; riescono a sedare le proteste che dovevano mandare a monte la Copa e fanno cantare l’inno anche a chi non si può permettere di comprare il biglietto e andare allo stadio. I canarini sono volati perfino a Xingu, una regione rurale dove gli indigeni Kuikuro non perdono nemmeno una partita, come racconta Simone Kuper dalle pagine del Financial Times. I giovani sono innamorati del pallone e mentre il Maracanazo, nel 1950, probabilmente è passato inosservato nella maggior parte delle zone rurali del Brasile, gli antropologi parlano oggi di una neo-cultura del calcio nella società Xinguana. 

L’abbraccio ecumenico del Mondiale carioca non ha escluso neanche i paulisti, che hanno intonato l’inno nazionale con grande partecipazione prima del match contro la Croazia, nonostante meno della metà fosse favorevole a ospitare la World Cup. Neymar e i suoi compagni hanno dunque una responsabilità e un onore, che possono portare a compimento soltanto presentandosi come cittadini, parte della grande famiglia del Brasile, più che come professionisti. 

Rendere trasparenti i vetri del bus della squadra, gesto voluto da Jùlio César per fare in modo che tifosi e giocatori potessero guardarsi negli occhi o prolungare l’inno nazionale di qualche minuto, cantandolo a cappella in coro insieme ai fan, sono simboli fortissimi, che per novanta minuti uniscono la nazione e sublimano disuguaglianze molto concrete: lo scorso lunedì sugli spalti, a esultare per lo straordinario 4-1 contro il Camerun, erano quasi esclusivamente bianchi. I prezzi per assistere alle partite sono altissimi e loro rappresentano ancora la fetta ricca della popolazione: il 10 per cento dei bianchi possiede il 75 per cento di tutta la ricchezza, secondo un’analisi del mensile Le Monde Diplomatique Brasil e il quotidiano economico Valor ha stimato che tra i 20 milioni di brasiliani più ricchi del Paese, 18 sono di pelle bianca. Insomma i Mondiali sono uno specchio, nel bene e nel male il Brasile di oggi si riflette e vede la verità.