Chissà che brutto Natale passerà il professor Thomas Rid, docente al King’s College di Londra! Giusto un anno fa, dicembre 2013, Rid firma su Foreign Affairs un saggio dal titolo “Cyberwar and Peace”, argomentando, evocando lo stratega von Clausewitz “che va dimenticata l’enfasi eccessiva sulla cyberwar” la guerra telematica. Pochi mesi prima anche Evgenj Morozov, brillante critico del web, ironizza su Slate contro i “guerrafondai del web”, studiosi e militari che da tempo ammoniscono sulla guerra digitale nel XXI secolo.

Rid e Morozov apprendono ora, dopo la bizzarra vicenda del film comico Sony bocciato via pressione hacker, pirati informatici probabilmente organizzati dalla Nord Corea, che la cyber war è realtà pericolosa, non fantascienza. A Rid risponde su Foreign Affairs Jarno Limnell, esperto di sicurezza online a McAfee: non si tratta di immaginare la guerra telematica come uno scontro di robottini azionati via cavo, ma al contrario studiarla come continuazione razionale della guerra classica. Poiché il nostro mondo vive di tecnologia, i guerrieri e i guerriglieri si appostano per vie strategiche lungo la tecnologia, come i nostri antenati occupavano un fiume, un porto, una strada, un passo di montagna per controllare il nemico. Nel saggio “Cyber war”, l’esperto di anti terrorismo Richard Clarke illustra poiché il web è il luogo in cui la realtà del nostro tempo si esprime, là si farà la guerra, come greci e persiani a Maratona, romani e cartaginesi a Zama-Naragarra, cristiani e turchi a Lepanto.

Se alla riunione preparatoria alla Sony, per il film commedia di Seth Rogin The interview, costato circa 50 milioni di dollari, qualcuno avesse detto alla amministratrice Amy Pascal “ma non si può fare, rischiamo che Pyongyang ci minacci, come ha già fatto invadendo la posta elettronica, e che i cinema, spaventati da attentati, ci censurino, il presidente Obama ci accusi di viltà, il regime di Kim Jong-un proponga una farsa di inchiesta congiunta per scagionarsi” tutti avrebbero riso, magari pensando fossero battute della sceneggiatura.

Invece, ecco cosa Rid, Morozov e gli scettici sulla cyber war non immaginavano, l’apertura storica di Obama a Cuba finisce offuscata dallo scontro con la Corea, stato con cui gli Usa sono in guerra, nessun trattato di pace è stato firmato dopo le ostilità, nel 1953. Perché il web è la realtà, sul web speranze di pace e venti di guerra si incrociano. Sul web Hamas e israeliani combattono a Gaza. Isis recluta i terroristi sul web e grazie al web il nome della città curda di Kobane diventa un simbolo e non cade in mano agli islamisti. Dall’informatica (non probabilmente dalla rete, ma da disco fisso infettato) è nato Stuxnet, il virus che ha rallentato il programma nucleare iraniano, sulla rete combattono russi, ucraini, svedesi, cinesi e si fa mercato dei documenti segreti sottratti a Nsa.

Pyongyang sa di non avere la forza di invadere la Corea del Sud, o minacciare Washington. Ma da tempo prepara la guerra asimmetrica –come si definisce in gergo la tattica dei più deboli contro i più forti, Davide contro Golia- sugli hacker. Già a 10-12 anni i ragazzini più svegli vengono reclutati in milizie paramilitari e, anziché far marce in cortile, apprendono i programmi per violare la sicurezza. Il contrammiraglio della Marina sudcoreana Kim Duk-ki, in un studio sulla guerriglia informatica asimmetrica in Nord Corea ricorda come i miliziani informatici siano privilegiati, rispettati e promossi, colmati di benefici in un paese dove i braccianti sono alla fame. Il pericolo coreano passa dal web.

La commedia The interview è una tragedia. Perché ci siamo a lungo illusi che il web fosse il luogo della pace, del dialogo, del benessere, magari della famigliarità un po’ cialtrona di Facebook. È invece la nostra vita concreta, per nulla “virtuale”, maledettamente “reale”. Lì incrociamo i nostri amici e fratelli, lì si nascondono, organizzano e pullulano i nemici. Obama ha fatto la voce grossa, auspicando che Sony lo avesse consultato prima di censurare, invocando la libertà di pensiero contro i diktat imposti dal regime coreano, con una durezza che non ha avuto in altre occasioni. Sony è un’azienda e non è tenuta a fare atti di coraggio, ma il tema si riproporrà. Online nulla è protetto, nessuna crittografia –spiega Cory Doctorow nel nuovo volume “Information doesn’t want to be free”- resiste per sempre, alla lunga gli invasori, ladri, pirati, militari, trovano il Cavallo di Troia o la breccia per entrare. Identità personali, segreti economici, di stato o impresa, sono a rischio cyber guerra. Dobbiamo prepararci, tecnicamente e moralmente, a combattere sotto le Porte Scee del web, per la libertà.